Con l’introduzione del Quadro T e W nel 730/2025, i redditi da criptoattività entrano nel radar fiscale anche per lavoratori e pensionati. Ecco come funziona.
Il mondo degli investimenti digitali ha vissuto un’evoluzione straordinaria. Da fenomeno di nicchia si è trasformato in una componente strutturale dei portafogli di milioni di italiani. A questa trasformazione ha risposto anche il sistema fiscale, che nel 2025 è arrivato a una svolta importante con l’introduzione, nel Modello 730, di sezioni specifiche dedicate alle criptoattività.
Se fino a pochi anni fa la dichiarazione dei redditi da criptovalute era un’impresa riservata ai più esperti, oggi, grazie alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 e aggiornate nel 2025, anche i lavoratori dipendenti e i pensionati possono avvalersi di strumenti più accessibili per essere in regola con il Fisco.
Le principali novità fiscali per le criptoattività nel 2025
A rivoluzionare la materia è stata la Legge di Bilancio 2023, che ha definito in modo chiaro la natura dei redditi da criptovalute, classificandoli come “redditi diversi di natura finanziaria”. Questo cambiamento comporta conseguenze dirette in termini di tassazione, monitoraggio e obblighi dichiarativi.

Dal 2025, tutti i redditi da criptoattività devono essere dichiarati, indipendentemente dal loro importo. Fino al 2024, l’obbligo scattava solo se si superava la soglia dei 2.000 euro di plusvalenze. A partire dal 2026, inoltre, l’aliquotapasserà dal 26% al 33%, introducendo un’imposizione più severa specifica per questi asset.
Un’altra importante novità riguarda i regimi fiscali: chi detiene criptovalute tramite intermediari finanziari italiani può ora scegliere il regime del risparmio amministrato o gestito, rendendo la gestione fiscale simile a quella dei titoli tradizionali.
Sul piano patrimoniale, il Fisco ha introdotto:
Imposta di bollo del 2 per mille sulle criptoattività detenute presso intermediari italiani
Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero) sempre del 2 per mille, applicata a wallet esteri o hardware wallet personali
Monitoraggio fiscale obbligatorio, esteso a tutte le criptoattività, anche se non detenute su exchange, ma semplicemente conservate in dispositivi personali
La vera novità per il contribuente medio è l’introduzione dei nuovi Quadro W e Quadro T all’interno del Modello 730/2025.
Il Quadro W sostituisce, per i lavoratori dipendenti e i pensionati, il tradizionale Quadro RW del Modello Redditi. Serve per monitorare le criptoattività detenute sia in Italia che all’estero, anche se conservate offline su dispositivi fisicicome chiavette USB, hard disk o PC personali.
In pratica, anche chi conserva le proprie chiavi private su un wallet fisico deve dichiararne il valore al 31 dicembre 2024, e calcolare l’imposta patrimoniale dovuta (2 per mille). Fanno eccezione solo le criptovalute detenute tramite intermediari italiani, in quanto già soggette a comunicazione automatica.
Il Quadro T, invece, consente per la prima volta di dichiarare direttamente nel 730 plusvalenze, redditi diversi e guadagni da NFT. Si tratta di una rivoluzione che permette di evitare il complesso Modello Redditi, avvalendosi della dichiarazione precompilata o dell’assistenza CAF.
Non tutte le operazioni sono tassate: ecco le eccezioni
La normativa ha chiarito che non tutte le transazioni con criptovalute sono soggette a imposta. Tra le principali esenzioni, troviamo:
Permuta tra criptovalute con caratteristiche equivalenti, come scambiare Bitcoin con Ethereum. Se non c’è conversione in valuta fiat (euro, dollaro, ecc.), non c’è plusvalenza tassabile.
Utilizzo di utility token per accedere a servizi digitali. Se il token non è negoziabile sul mercato secondario e viene usato come “gettone”, non si genera materia imponibile.
Investimenti indiretti, come fondi comuni o ETF che espongono a criptovalute. In questo caso si segue la disciplina dei prodotti finanziari tradizionali.
Al contrario, le plusvalenze da vendita, permuta con valuta fiat, interessi, airdrop e staking sono sempre imponibili.
NFT e Crypto-Art: vendite sempre tassate, anche per i collezionisti
Un caso a parte è quello della Crypto-Art e degli NFT (Non-Fungible Token). A differenza dell’arte tradizionale, dove esistono figure non tassabili come i semplici collezionisti, per gli NFT la legge non fa distinzioni.
Anche chi vende un solo NFT da collezione viene considerato a tutti gli effetti un soggetto che realizza redditi finanziari. Il guadagno dalla vendita va quindi inserito nel Quadro T ed è tassato al 26% per il 2024, e al 33% dal 2026, indipendentemente dal fatto che l’operazione sia occasionale o professionale.
Questo approccio deriva dalla natura stessa degli NFT, considerati criptoattività dalla normativa, senza eccezioni legate all’intento dell’utente.
Quale aliquota si applica e come si calcola l’imposta
Per il periodo d’imposta 2024, da dichiarare nel 730/2025, l’aliquota unica è del 26%, identica a quella applicata a dividendi e capital gain su strumenti finanziari tradizionali.
Dal 1° gennaio 2026, come stabilito dalla Legge di Bilancio, la tassazione salirà al 33% solo per le criptoattività, introducendo un trattamento più severo rispetto ad altri asset.
Il calcolo della plusvalenza avviene sulla base della differenza tra il prezzo di vendita e il valore di acquisto, al netto di eventuali commissioni. In caso di cessione gratuita (es. airdrop), si considera come valore di acquisto pari a zero, rendendo il guadagno interamente tassabile.
Nel 2025, possedere criptovalute non è più solo una questione di tecnologia o speculazione. È un tema fiscale a tutti gli effetti. Con l’introduzione del Quadro T e W nel 730, lo Stato punta a rendere la tassazione delle criptoattività più trasparente, ma anche più rigida. Per chi investe in Bitcoin, Ethereum, NFT o token DeFi, essere aggiornati non è più una scelta: è un dovere.