Milano, 26 dicembre 2025 – Il rallentamento delle attività di mining di Bitcoin sta mettendo in allerta gli operatori finanziari e gli analisti. Da settimane, la principale criptovaluta è sotto la lente di chi segue il mercato con attenzione. Una recente analisi di VanEck, società leader nella gestione degli investimenti anche nel settore digitale, avverte che questa frenata potrebbe pesare sul prezzo di Bitcoin nei prossimi mesi.
Bitcoin: il mining perde colpi, cosa sta succedendo
Dall’autunno si moltiplicano i segnali di un calo costante del mining. Dati di piattaforme come Glassnode e CoinMetrics mostrano chiaramente un crollo dell’hashrate globale, cioè la potenza di calcolo usata per confermare le transazioni. Il 18 dicembre, per esempio, Glassnode ha registrato un valore poco sopra i 465 exahash al secondo, ben lontano dai picchi primaverili.
Le cause sono diverse. C’è stata la riduzione delle ricompense per blocco dopo l’ultimo halving ad aprile. Poi ci sono stati i rincari dei costi energetici in aree chiave come Texas e Xinjiang, in Cina. A pesare è stato anche il calo dei prezzi dei Bitcoin nelle settimane passate. “Siamo in una fase di assestamento — spiega Tom Martin, analista crypto di VanEck — con molti miner che stanno riflettendo sulla sostenibilità economica del loro lavoro”. In pratica, le aziende più piccole stanno spegnendo le macchine meno produttive.
Cosa può succedere al prezzo: occhi puntati sul mercato
Al centro dell’analisi di VanEck c’è proprio il possibile impatto sul valore del Bitcoin. “Quando diminuisce il numero di nuovi Bitcoin immessi sul mercato — spiega Martin — si allenta la pressione sull’offerta. Se la domanda tiene o cresce, si possono creare le condizioni per un rialzo”.
Questo ragionamento è condiviso da altri esperti. “Meno mining significa meno vendita forzata da parte di chi deve coprire i costi fissi,” dice Chiara Giuliani, responsabile ricerca di CryptoFinance Italia. “Solo allora potremo vedere se il mercato è pronto a una nuova crescita.” Ma non tutti sono ottimisti: diversi hedge fund hanno già scelto di ridurre l’esposizione, temendo nuove oscillazioni.
I big del mining tengono duro: dove si concentra l’attività
In questa fase difficile a resistere meglio sono i grandi player come Marathon Digital Holdings e Bitfarms. Entrambe le società hanno investito in nuove tecnologie e fonti rinnovabili per restare a galla. Marathon, per esempio, ha installato nuovi sistemi di raffreddamento nel data center texano di Garden City e punta a mantenere una produzione costante anche d’inverno, sottolinea Fred Thiel, CEO dell’azienda.
Dal punto di vista geografico si consolidano i principali centri minerari: Stati Uniti (Texas e Kentucky), Canada, Kazakistan e alcune aree della Siberia dove l’energia costa poco. Il quadro però resta fluido. In Cina alcune miniere clandestine aggirano ancora i divieti usando reti decentralizzate; in Sud America si sperimentano progetti che sfruttano l’energia idroelettrica in surplus.
Il futuro prossimo: cosa aspettarsi dal mercato
Gli analisti continuano a interrogarsi su dove andrà il prezzo del Bitcoin nei primi mesi del 2026. VanEck avverte che l’attuale fase potrebbe aprire la strada a un rialzo graduale, sempre che non arrivino scossoni dall’economia globale. “L’imprevisto è sempre dietro l’angolo,” riconosce Martin, “ma meno offerta favorisce chi già possiede Bitcoin”.
Per gli investitori privati — molti entrati tra il 2020 e il 2022 — il messaggio è uno solo: prudenza. “Il mercato resta molto volatile — avverte Giuliani — conviene tenere d’occhio le mosse dei grandi miner e l’andamento dei consumi energetici.” Nei prossimi mesi arriveranno nuovi dati su produzione e difficoltà tecnica; solo allora si capirà se questo rallentamento del mining sarà davvero il segnale d’inizio per una nuova stagione positiva dei prezzi.
