Milano, 17 dicembre 2025 – È passato un anno dal picco delle memecoin, e il mercato delle criptovalute fa vedere chiaramente quanto sia sottile il confine tra entusiasmo collettivo e rischio di speculazione eccessiva. Nel dicembre 2024, la capitalizzazione totale di questi asset digitali — noti per la loro natura ironica e spesso provocatoria — aveva raggiunto i 40 miliardi di dollari, secondo i dati di CoinGecko. Oggi quella cifra è crollata: si parla di una capitalizzazione che è scesa sotto i 10 miliardi, con alcune monete che valgono meno del 10% rispetto ai massimi storici.
La corsa ai record e il crollo della fiducia
Tra novembre 2023 e febbraio 2024 si era scatenata una vera corsa per progetti come Dogecoin, Shiba Inu, PEPE e le più recenti Bonk e Turbo. Gli investitori, spinti dalla promessa di guadagni facili e dall’atmosfera frizzante dei social, avevano buttato dentro cifre importanti su questi token. “C’erano giorni in cui i volumi erano paragonabili a quelli di Ethereum o addirittura Bitcoin,” ricorda Marco Ferrara, analista crypto di una società milanese di consulenza finanziaria. Ma già a fine primavera arrivarono i primi segnali: volatilità impazzita, progetti spariti in poche settimane, utenti bloccati con token quasi senza valore.
La frenata, spiegano le statistiche di CoinMarketCap aggiornate a ottobre, è stata quasi perfetta nel suo tempismo. Da fine maggio 2024 il mercato delle memecoin ha cominciato a perdere valore senza sosta — dai 40 miliardi di dollari fino ai circa 14 miliardi di settembre, per poi scendere ancora. “Molti piccoli investitori sono rimasti incastrati,” conferma Ferrara. “Solo pochi sono riusciti a uscire prima del tracollo.”
L’irrazionalità e la lezione (dura) degli ultimi dodici mesi
I dati dell’Osservatorio Criptovalute della Bocconi mostrano come la gran parte degli acquisti durante il rally siano stati fatti senza alcuna analisi tecnica o approfondimento serio. Il professor Andrea Molteni sottolinea: “Spesso si comprava sull’onda dell’entusiasmo o per paura di restare fuori.” Il picco è stato spinto soprattutto da campagne virali su X (ex Twitter) e TikTok, dove gruppi organizzati diffondevano meme e countdown per lanciare monete “scherzo” destinate a sparire in poche settimane.
Dopo la caduta, il mondo delle cryptomeme ha lasciato sul campo piccoli risparmiatori e qualche investitore istituzionale. Il crollo ha però messo in luce un fenomeno noto agli esperti: molti investitori retail seguono la massa senza capire davvero cosa rischiano. “Sui forum si parla ancora della ‘meme-mania’ come se fosse stata una festa cui tutti volevano partecipare,” racconta Simone Castelli, amministratore di un famoso gruppo Telegram italiano sulle criptovalute.
Numeri impietosi e nuovi allarmi regolatori
I numeri mostrano tutta la portata del fenomeno: nel dicembre 2024 solo Dogecoin superava i 12 miliardi di capitalizzazione, mentre Shiba Inu stava sopra i 7 miliardi. Oggi entrambe hanno perso metà o più del loro valore. Alcune new entry come PEPE hanno bruciato oltre il 90% del proprio valore in meno di sei mesi.
Questa situazione ha spinto le autorità finanziarie europee e americane ad alzare la voce. La SEC statunitense, in un report dello scorso ottobre, ha ribadito che si tratta di asset senza basi solide, spesso vittime di pump and dump. Anche la Consob italiana, a fine estate, aveva lanciato un appello agli investitori invitandoli “a valutare con attenzione i rischi legati alle memecoin”, con una circolare diffusa agli operatori.
Le ragioni dietro il boom (e il crack): social media e FOMO
Guardando alle cause del boom delle memecoin emerge un elemento chiave: la forza virale dei social media insieme all’effetto FOMO (fear of missing out). “Il passaparola su Reddit e Telegram ha fatto da amplificatore,” spiega Molteni. Non solo giovani: anche molti adulti hanno comprato perché “gli amici ci stavano provando”. Spesso bastava un tweet diventato virale per vedere schizzare i prezzi nelle ore successive al lancio.
Però la maggior parte dei progetti — nati spesso come semplici scherzi online — non aveva alcuna tecnologia innovativa o reale utilità nel mondo blockchain. “Si investiva quasi al buio,” conferma Castelli. “Quando i prezzi sono crollati, non c’era più nulla che tenesse su quei token.”
Uno specchio dell’irrazionalità finanziaria
Oggi il mercato delle memecoin è diventato un caso da manuale sulla psicologia degli investimenti. Gli esperti parlano apertamente di “nuova bolla dotcom”, anche se su scala minore. L’esperienza degli ultimi mesi — con capitalizzazioni passate da 40 a meno di 10 miliardi — è una prova tangibile della facilità con cui gli investitori si lasciano abbagliare dalla novità facile.
Secondo l’Osservatorio Bocconi lo scorso novembre oltre il 70% dei possessori italiani ha chiuso il 2024 in perdita. Solo pochi hanno venduto prima del grande crollo. La speranza tra gli addetti ai lavori è che questa lezione serva almeno a far crescere un po’ più di prudenza in futuro. Anche se nei forum online già circola la voce della prossima “meme coin” pronta a far impazzire ancora una volta il mercato.
