Roma, 23 dicembre 2025 – Nel pomeriggio di oggi, a Palazzo Madama, il Senato ha dato il via alla discussione sulla Manovra 2026, una delle leggi di bilancio più attese degli ultimi anni. Il voto finale è in programma domani, poche ore prima della scadenza di legge. Il governo punta a far approvare il testo senza modifiche importanti rispetto a quanto già deciso dalla Camera. Intanto, resta confermata una delle misure più dibattute: l’aliquota fiscale al 33% sui guadagni da criptovalute, introdotta lo scorso anno e ora estesa anche al prossimo esercizio.
Manovra 2026: la tassa sulle crypto fa ancora discutere
Il fulcro del dibattito, che ha animato i corridoi del Senato fin dal mattino, è la conferma della tassazione sulle cripto-attività. Nel testo attuale – che, secondo fonti della maggioranza, il governo Meloni vuole blindare con un voto di fiducia – chi realizza plusvalenze da bitcoin, ethereum e altri asset digitali continuerà a pagare un’aliquota fissa al 33%. La stessa applicata ad altri strumenti finanziari. Secondo il Ministero dell’Economia, questa misura dovrebbe garantire allo Stato un gettito superiore ai 400 milioni di euro nel 2026.
Il relatore della Manovra, il senatore Antonio Zaffini (Fratelli d’Italia), ha detto in Aula: “La normativa sulle criptovalute resta in linea con quella dei principali Paesi europei e risponde all’esigenza di maggiore trasparenza e tracciabilità. Al momento non ci sono margini per ulteriori modifiche”. Le opposizioni però hanno ribadito la loro contrarietà. In particolare, il senatore democratico Antonio Misiani ha definito la tassa “penalizzante”, avvertendo che rischia di scoraggiare gli investimenti innovativi.
Ultimo sprint tra proteste e pressioni
Fuori dal Senato nel pomeriggio si sono radunati piccoli gruppi di investitori privati e associazioni del settore fintech. Marco Pellegrini, trader romano di 29 anni, ha spiegato: “Con questa aliquota l’Italia resta indietro rispetto ad altre economie. È difficile pensare che la nuova finanza possa nascere qui”. La protesta – pacifica e senza incidenti – ha avuto eco anche in Aula. La senatrice del M5S Laura Castelli ha chiesto una sospensione per approfondire tecnicamente la questione. Ma il presidente Ignazio La Russa ha respinto la richiesta.
Sul fronte politico la maggioranza appare compatta. Non sono però mancati screzi interni nelle ultime ore: fonti di Forza Italia avevano avanzato l’ipotesi di rivedere la soglia minima di esenzione per i piccoli investitori. Ipotesi poi accantonata dopo un confronto con il Ministero dell’Economia.
Cosa cambia davvero e le reazioni del settore
La legge di bilancio 2026 introduce anche altre misure fiscali. Ma tra i professionisti delle crypto la conferma dell’aliquota al 33% suona come un freno. “È una scelta che penalizza rispetto a Germania e Francia, dove le tasse sono più leggere o almeno meno rigide”, spiega Giulia Bellini, consulente fiscale milanese specializzata in asset digitali. Anche alcune associazioni hanno espresso dubbi: la Federazione Italiana Criptovalute parla di “preoccupazione per l’impatto sulle startup” e invita il governo a “rivedere almeno la soglia di esenzione per i piccoli risparmiatori”.
Dal Tesoro però si fa sapere che tutto è stato valutato nelle settimane scorse e che questa scelta rientra in una strategia europea più ampia. “A differenza degli anni passati – spiegano fonti vicine al ministro Giancarlo Giorgetti – la tassazione delle crypto non è più un tema marginale ma un capitolo centrale del bilancio dello Stato”.
Ultimi giorni per la Manovra: tutto si decide domani
Secondo fonti parlamentari nel primo pomeriggio, il calendario resta serrato: il voto finale sulla Manovra dovrebbe arrivare domani poco dopo le 18. Se passerà senza emendamenti (scenario più probabile), il testo andrà direttamente alla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica entro fine anno.
Fino all’ultimo minuto – avvertono i senatori dell’opposizione – proveranno a presentare ordini del giorno su alcune “criticità irrisolte”, compresa proprio la tassazione sulle criptovalute. Ma ormai dentro i gruppi parlamentari si dà quasi per certo che la legge di bilancio uscirà dall’Aula così com’è, con la conferma dell’aliquota al 33% sulle crypto.
Un punto fermo che per ora lascia aperto il dilemma tra necessità di entrate e bisogno di spingere sull’innovazione.
