Nei giorni centrali di agosto 2025 Bitcoin ha aggiornato i massimi storici oltre 124mila dollari prima di ritracciare nell’area 110–120mila: una corsa che ha acceso i riflettori sul prossimo step, con molti desk che guardano già al 2026 come all’anno del possibile “salto di qualità”. Per dare contesto: il balzo estivo è stato così potente da far superare la capitalizzazione di Google, evento simbolico della progressiva istituzionalizzazione dell’asset.
Il primo motore resta il canale ETF spot USA, diventato la “porta d’ingresso” per i capitali tradizionali. Il prodotto leader per masse, IBIT di BlackRock, ha sfondato quota 90 miliardi di dollari in asset e, secondo i tracker di mercato, detiene circa il 3,7% dell’offerta di Bitcoin: segnale che una fetta non trascurabile dell’asset è ora in “cassaforte” a lungo termine. In un mercato a offerta rigida, questa sottrazione di liquidità contribuisce a sostenere i prezzi quando tornano i flussi netti in entrata.
Sul piano del sentiment, è importante distinguere il trend dagli scossoni tattici: a fine agosto si è vista una mini-sequenza di deflussi dagli ETF, con prelievi nell’ordine dei miliardi in pochi giorni. Questi momenti, spesso legati a dati macro, non invalidano di per sé la tesi di medio periodo, ma ricordano che la strada verso nuovi record non è lineare.
Dalla primavera 2024 la ricompensa per blocco è scesa a 3,125 BTC, con nuova emissione stimabile in circa 164.250 BTC/anno: è il cuore del meccanismo di scarsità programmata che storicamente ha compresso l’offerta netta nei cicli post-halving. La letteratura e i principali manuali convergono su due effetti: limite dell’offerta (potenzialmente rialzista sul prezzo) e pressione sui miner (che devono essere più efficienti o vendere parte delle riserve nelle fasi di debolezza). In altre parole, quando la domanda istituzionale accelera e la nuova offerta diminuisce, l’elasticità dell’asset gioca a favore dei rialzisti.

Target a 200mila: cosa dicono davvero le previsioni
Nel perimetro delle proiezioni pubblicate tra luglio e agosto 2025 emergono due fari:
– Bernstein: traiettoria di bull market “lungo ed estenuante” con obiettivo 200mila dollari entro inizio 2026.
– Standard Chartered: scenario 200mila sul fine 2025/inizio 2026, con la seconda parte del 2025 vista come fase di consolidamento e di ulteriore spinta dagli afflussi ETF.
Altri desk e case di ricerca si muovono su range 150–200mila per i prossimi 6–18 mesi: differiscono su timing e pendenza della curva, ma convergono sull’idea che la liquidità degli ETF abbia cambiato la struttura del mercato, riducendo l’attrito per nuovi massimi nei periodi di risk-on.
Rischi e variabili da tenere a vista
La narrativa rialzista non è priva di controprove. Primo: gli ETF spot amplificano anche i movimenti al ribasso, perché grandi blocchi possono essere riscattati rapidamente. Secondo: la macro (tassi, inflazione, dollaro) resta un driver decisivo del rischio-on global; sorprese restrittive possono comprimere l’appetito per gli asset volatili. Terzo: la redditività dei miner post-halving può indurre vendite in fasi di stress, aumentando l’offerta sul mercato spot. Insieme, questi fattori spiegano perché la strada verso 200mila non è una linea retta ma una traiettoria probabilistica con possibili drawdown a doppia cifra.
Cosa osservare nei prossimi mesi
Per capire se il 2026 potrà davvero essere “storico”, gli elementi chiave sono tre. Flussi netti giornalieri degli ETF: quando tornano stabilmente positivi e diffusi, di norma il prezzo segue con qualche giorno di ritardo. Dinamica dell’offerta: con emissione annua ridotta, eventuali accumuli di lungo periodo sottraggono monete alla circolazione. Liquidità globale: se il ciclo di tagli dei tassi e/o di espansione della base monetaria prenderà corpo, gli asset a offerta limitata tendono a beneficiare.
La fotografia di fine agosto 2025 racconta un Bitcoin vicino ai massimi storici, spinto dall’accoppiata ETF spot + offerta decrescente, con previsioni che collocano l’asticella tra 150mila e 200mila dollari nel prossimo orizzonte annuale. La tendenza di fondo è costruttiva, ma verrà messa alla prova da fasi di volatilità legate a flussi, macro ed equilibrio dei miner. Se i capitali istituzionali torneranno robusti e persistenti, il 2026 ha i requisiti per diventare l’anno in cui Bitcoin potrà consolidarsi sopra i vecchi massimi e aprire un nuovo regime di prezzo.