Bank of America consiglia Bitcoin: portafogli con il 1%-4% in criptovalute, nuova strategia d’investimento

Cristina Manetti

2 Dicembre 2025

Milano, 2 dicembre 2025 – Bank of America ha consigliato agli investitori di mettere tra l’1% e il 4% di bitcoin nei loro portafogli. Un’indicazione che, insieme al recente cambio di passo di Vanguard, segna un vero e proprio spartiacque per la finanza tradizionale. La banca americana ha diffuso questo suggerimento tramite una nota interna, come riportato ieri sera da Bloomberg. Fino a qualche mese fa, queste posizioni sarebbero sembrate impensabili tra i grandi nomi del settore.

La svolta delle istituzioni finanziarie

In questo momento – parliamo di novembre e inizio dicembre 2025 – la scelta di Bank of America pesa parecchio. La banca sostiene che inserire una piccola quota di criptovalute “può migliorare il profilo rischio/rendimento dei portafogli ben diversificati”. Nella nota firmata dal team che si occupa dell’allocazione degli asset si sottolinea come “in periodi di alta volatilità, è fondamentale una gestione attiva e una posizione ben calibrata”. Frasi che fino a poco tempo fa si sentivano solo in ambito fintech. Marco Bernardi, analista finanziario milanese specializzato nella gestione di patrimoni privati, spiega: “Il segnale è chiaro: gli asset digitali stanno conquistando uno spazio che fino a ieri gli era precluso”.

Nel documento si citano anche studi accademici – su tutti una ricerca del MIT Sloan School of Management pubblicata il mese scorso – secondo cui “allocare fino al 4% è compatibile con le regole prudenziali della maggior parte dei fondi pensione statunitensi”. Bank of America evita endorsement netti sul bitcoin. Si parla piuttosto di “diversificazione” e attenzione ai rischi. Questa mossa, arrivata poco dopo le aperture ufficiali di Vanguard, conferma quanto rapidamente sia cambiata la percezione del bitcoin nell’arco dell’ultimo anno.

Dai timori alla cauta apertura

Solo un paio d’anni fa pochi avrebbero scommesso su un cambiamento simile nel mondo mainstream. Nel 2022 e 2023 la parola d’ordine era volatilità alta e rischi normativi ingombranti. Ora però, si legge nella nota della banca, “l’evoluzione delle regole e una maggiore trasparenza sugli exchange hanno ridotto molte incognite per gli investitori istituzionali”. Rimangono però alcune perplessità legate alla “difficoltà nel prevedere l’andamento dei prezzi” e alle “differenze nelle normative fiscali”. Insomma, si procede con prudenza, ma la porta è aperta.

“Non penso che sia la fine del dollaro o l’inizio di una rivoluzione, ma un’opzione in più”, commenta Antonio Russo, portfolio manager tra Milano e Zurigo. “Fino a sei mesi fa non avrei mai consigliato il bitcoin a clienti conservativi. Oggi vediamo interesse anche da parte di fondi pensione e casse previdenziali”.

Effetti sui mercati e sulle strategie d’investimento

La questione non riguarda solo gli investitori americani. Secondo CoinShares, anche in Europa negli ultimi tempi è cresciuta leggermente la quota di asset digitali nei portafogli istituzionali: “Siamo attorno all’1% in media, ma la tendenza è in salita”, spiega un report pubblicato a fine novembre.

A dare conferma arrivano anche i numeri del mercato: negli ultimi tre mesi il prezzo del bitcoin si è mosso tra i 38mila e i 43.500 dollari. Una volatilità – dicono gli esperti – più contenuta rispetto agli anni passati che apre spazi per i gestori multi-asset. Un gestore italiano sentito da alanews.it (che preferisce restare anonimo) osserva: “Solo con questa stabilità diventa possibile inserire il bitcoin tra gli strumenti da poter liquidare rapidamente”.

La crescita degli ETF su bitcoin – soprattutto negli Stati Uniti – ha reso questo asset più accessibile anche agli investitori meno esperti. Secondo dati della SEC, nel terzo trimestre del 2025 sono stati registrati oltre 8 miliardi di dollari in nuovi flussi verso ETF legati alle criptovalute.

Un cambio di paradigma ancora in evoluzione

Gli addetti ai lavori invitano alla prudenza. Nessuno parla ancora di svolta definitiva: “Il rischio c’è sempre, e nessun consulente serio metterebbe il 4% in bitcoin a tutti i clienti senza valutazioni accurate”, ricorda il professor Gianluca Bianchi dell’Università Bocconi. Però è evidente che rispetto a due anni fa il tema non è più marginale.

Nelle sale trading milanesi si respira ancora un po’ di scetticismo. Ma sempre più spesso la parola bitcoin entra nelle discussioni dove prima era impensabile nominarla. Forse non siamo davanti a una rivoluzione immediata. Però qualcosa sta davvero cambiando anche tra i grandi nomi della finanza tradizionale.

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