Milano, 25 dicembre 2025 – Nei primi mesi del 2025, la borsa italiana e i mercati internazionali hanno visto un’impennata netta nei prezzi delle azioni legate al mondo crypto. Ma a quasi un anno di distanza, sono pochi i titoli che hanno mantenuto una parte dei guadagni messi insieme tra gennaio e marzo. La tendenza – confermata anche dal comportamento degli investitori nelle ultime settimane – segna una svolta, con una selezione più rigorosa nel settore tecnologico-finanziario.
L’exploit di inizio anno e il brusco stop
Il boom delle crypto stocks è partito tra il 2 e il 15 gennaio. Secondo i dati di Borsa Italiana, i principali titoli legati alle valute digitali hanno registrato una crescita improvvisa e sostenuta. Era la “nuova corsa all’oro”, come raccontavano diversi analisti nei report delle banche d’affari. “Il sentiment era in forte salita, il denaro arrivava sulle piattaforme senza sosta”, ha spiegato Andrea Marchesi, responsabile equity in una grande società di gestione milanese. Il Bitcoin superava i 62.000 euro il 28 gennaio, e tutto il mercato seguiva quel ritmo.
Ma quella fase positiva è durata poco. Da aprile in poi, con l’aumento della volatilità e le prime avvisaglie di una regolamentazione più dura a livello europeo, l’entusiasmo ha cominciato a scemare. “Il rischio normativo è stato sottovalutato. Molti hanno preferito ridurre le loro posizioni quando hanno capito che non sarebbe stata una passeggiata”, confessa una trader attiva tra Milano e Zurigo.
I titoli che resistono e quelli in difficoltà
Tra le azioni crypto, pochi nomi fanno ancora la differenza. Coinbase Global, società americana quotata al Nasdaq, è tra le poche a tenere un saldo positivo dall’inizio dell’anno: +18% al 20 dicembre, secondo gli ultimi dati. Anche Marathon Digital Holdings, specializzata nel mining, mantiene un +7% rispetto a gennaio dopo aver toccato punte vicino al +50% in primavera.
Più incerto il destino di aziende come MicroStrategy e Riot Platforms. La prima, nota per le grandi riserve in Bitcoin, ha perso il 15% dalla cima di marzo. La seconda ha avuto alti e bassi notevoli, perdendo terreno negli ultimi mesi a causa del calo dei margini nel mining e dell’aumento dei costi energetici. In Europa, titoli come CoinShares hanno chiuso il terzo trimestre con volumi dimezzati rispetto ai primi mesi dell’anno.
Investitori più attenti e strategie mirate
Oggi il clima è cambiato. Chi frequenta Piazza Affari lo nota subito: meno entusiasmo per le small cap crypto e più cautela verso grandi piattaforme con basi solide. “Si punta sulla solidità del modello di business”, spiega Luigi Ricci, private banker in via Turati. “La fase degli acquisti a occhi chiusi è finita”. A pesare è anche l’incertezza sul fronte geopolitico: la cautela intorno alle mosse della Fed e della BCE sui tassi ha reso più prudenti gli investitori tra maggio e settembre.
Un altro punto chiave – dicono diversi operatori – è la regolamentazione europea sempre più complessa, con la direttiva MiCA entrata in vigore da luglio. Le nuove norme su wallet e piattaforme di scambio hanno richiesto aggiornamenti tecnici e imposto limiti che hanno inciso sia sui costi sia sulla fiducia degli investitori retail.
Cosa aspettarsi dal 2026
Ora la domanda gira intorno al futuro: sarà il 2026 un altro anno d’oro per le crypto stocks o ci sarà una selezione ancora più netta? I gestori sono prudenti: “Gli investitori più attenti scommettono su chi riuscirà ad adattarsi alle regole senza perdere tempo”, dice Giulia Venturi, portfolio manager a Londra. I flussi rimangono forti solo verso società davvero innovative o con solide partnership nel fintech.
Nel frattempo, la capitalizzazione complessiva delle principali azioni crypto globali si aggira intorno ai 230 miliardi di dollari – in calo rispetto ai 250 miliardi raggiunti a marzo scorso. L’andamento del Bitcoin e delle altre criptovalute storiche resta il motore principale del settore, ma pesa anche la concorrenza dei prodotti tradizionali come gli ETF tematici lanciati fra aprile e giugno.
Tra Milano e Londra: cosa dicono gli operatori
Paolo L., consulente finanziario tra Londra e Milano, parla di “normalizzazione attesa”: “Non è più solo questione di moda o speculazione veloce. Adesso contano trasparenza e governance”. Molti operatori concordano: negli ultimi mesi hanno ridotto l’esposizione ai titoli più volatili per puntare su società meno legate agli umori quotidiani delle criptovalute.
Solo quando si calmeranno le fiammate speculative si potrà capire davvero se la rivoluzione crypto ha cambiato per sempre i mercati finanziari o se resterà roba per portafogli audaci. Per ora – osservano dalle sale operative – resta alta la guardia su volatilità e rischi normativi. Eppure, tra segnali contrastanti e strategie diverse, il settore continua a interrogarsi sul proprio domani.
