WhatsApp permette la condivisione della posizione in tempo reale, ma i metodi nascosti espongono a rischi legali e di privacy: ecco cosa fare e cosa evitare.
La possibilità di sapere dove si trova una persona è un tema che incuriosisce e divide. Per alcuni è uno strumento pratico, per altri un potenziale rischio di violazione della privacy. WhatsApp, l’app di messaggistica più utilizzata in Italia con oltre 35 milioni di utenti attivi, offre già da tempo una funzione ufficiale per condividere la posizione, pensata per situazioni quotidiane come incontrarsi più facilmente o garantire sicurezza in casi di emergenza. Eppure, nel 2025, il dibattito resta acceso, soprattutto dopo i recenti casi di abuso delle tecnologie di tracciamento che hanno riportato l’attenzione sui limiti della legge e sull’importanza del consenso.
Da un lato c’è la comodità: un genitore può sapere dove si trova il figlio che non risponde al telefono, un gruppo di amici può incontrarsi più velocemente in una città affollata, un lavoratore può segnalare con precisione il luogo in cui deve ricevere assistenza. Dall’altro lato, però, esiste un confine delicatissimo tra uso legittimo e sorveglianza abusiva. Non è un caso che le autorità abbiano ribadito che tracciare qualcuno a sua insaputa può avere conseguenze penali e civili molto gravi.
Come funziona la condivisione ufficiale di WhatsApp e quali controlli fare subito
La funzione ufficiale più conosciuta è la condivisione della posizione in tempo reale. Chi la attiva decide per quanto tempo e con chi condividere il proprio spostamento. È possibile impostare la durata su 15 minuti, un’ora o otto ore, e interrompere la condivisione in qualsiasi momento. Questo sistema si basa sul GPS dello smartphone e consente di sapere esattamente dove si trova un contatto, senza possibilità di errore. La persona che riceve la posizione può visualizzare i movimenti sulla mappa in tempo reale, finché la funzione resta attiva.
Negli ultimi anni WhatsApp ha rafforzato anche le opzioni di controllo degli accessi. Dalle impostazioni privacy è possibile limitare chi vede l’ultimo accesso, disattivare le conferme di lettura e gestire chi può aggiungerci a gruppi o comunità. Un aspetto importante riguarda i dispositivi collegati: molti utenti dimenticano che WhatsApp Web o le sessioni desktop restano attive, aprendo la porta a chi potrebbe sfruttare quelle connessioni per monitorare messaggi e attività. Per questo, è consigliabile controllare regolarmente la lista dei dispositivi collegati e disconnettere quelli sospetti.
Altro passo fondamentale è l’attivazione della verifica in due passaggi, che aggiunge un codice PIN personale richiesto per accedere all’account da un nuovo dispositivo. In questo modo, anche se qualcuno riuscisse a impossessarsi della SIM o a clonarla, non avrebbe comunque accesso diretto all’app. Unito agli aggiornamenti costanti di sistema operativo e applicazione, questo riduce notevolmente i rischi di intrusioni.
Perché i metodi nascosti sono pericolosi e cosa fare se sospetti di essere sorvegliato
Il testo originale parlava di tecniche “alternative” come installare app di monitoraggio o recuperare l’indirizzo IP di un dispositivo tramite procedure complesse. È essenziale chiarire che questi metodi, oltre a essere altamente invasivi, sono nella maggior parte dei casi illegali. Applicazioni come spyware commerciali, una volta installate su un telefono, permettono non solo di sapere la posizione in tempo reale, ma anche di accedere a foto, video, messaggi e chiamate. Un controllo totale che viola la privacy e che può portare a conseguenze penali pesanti per chi lo utilizza senza autorizzazione.
Il 2025 ha visto crescere l’attenzione su questi temi: diverse inchieste internazionali hanno dimostrato come strumenti di sorveglianza siano stati usati in maniera impropria contro giornalisti e attivisti. La vicenda ha avuto ripercussioni anche in Italia, con il Parlamento che ha aperto un tavolo di confronto sulla necessità di regolamentare meglio l’uso delle tecnologie di monitoraggio. Questo ha reso ancora più chiaro che l’unica forma accettabile e sicura di tracciamento è quella che avviene con il consenso esplicito della persona interessata.
Se si sospetta di essere vittima di sorveglianza, esistono segnali da non sottovalutare: un telefono che si surriscalda senza motivo, un consumo anomalo della batteria, la presenza di sessioni WhatsApp Web non riconosciute, notifiche insolite o rallentamenti improvvisi del sistema. In questi casi è consigliabile rivolgersi a un tecnico qualificato per una verifica approfondita, oppure reinstallare il sistema operativo per eliminare eventuali software indesiderati. Nei casi più complessi, anche il cambio della SIM o la sostituzione del dispositivo possono essere scelte necessarie.
Chi teme intrusioni deve anche conservare prove e segnalazioni: schermate di accessi sospetti, notifiche insolite e qualsiasi informazione utile possono servire in sede legale. Le conseguenze per chi utilizza spyware senza autorizzazione non sono leggere: si va da multe salate a pene detentive, a seconda della gravità e della finalità della sorveglianza.
Pericoli nascosti della geolocalizzazione
La geolocalizzazione tramite app di messaggistica è un’arma a doppio taglio. Da un lato, offre sicurezza e praticità in contesti familiari, lavorativi o di emergenza. Dall’altro, se usata in modo improprio, diventa una violazione dei diritti fondamentali. Nel 2025, con la crescente attenzione della politica e dei media su privacy e sicurezza, è evidente che non basta conoscere i metodi: conta come vengono utilizzati e, soprattutto, se c’è il consenso della persona coinvolta.
La riflessione che emerge è chiara: le tecnologie possono essere strumenti preziosi di tutela, ma senza regole e responsabilità rischiano di trasformarsi in armi di controllo. Conoscere le funzioni ufficiali, evitare scorciatoie pericolose e proteggere i propri dispositivi resta l’unico modo per sfruttare il meglio di WhatsApp senza cadere nei rischi del digitale contemporaneo.