Nel braccio di ferro tecnologico tra Stati Uniti e Cina, TikTok si conferma uno dei dossier più delicati. L’app più scaricata al mondo è diventata il simbolo di un confronto che va ben oltre i social network e che coinvolge sicurezza nazionale, controllo dei dati e sovranità tecnologica. A pochi giorni dalla presentazione di un nuovo assetto societario studiato per evitare il bando negli Stati Uniti, dalla Cina è arrivata una reazione che chiarisce i contorni della partita senza scioglierne davvero i nodi: Pechino non blocca l’intesa, ma nemmeno la benedice apertamente.
La nuova struttura societaria per TikTok negli Stati Uniti
Il progetto sul tavolo prevede la creazione di una nuova entità, la TikTok USDS Joint Venture LLC, nella quale confluiranno tutte le attività statunitensi della piattaforma. Il controllo della società passerebbe a investitori americani e di Paesi alleati, mentre ByteDance, proprietaria cinese dell’app, manterrebbe una quota di minoranza del 19,9%. La restante parte del capitale sarebbe distribuita tra nuovi soci e investitori già presenti. Si tratta di un equilibrio costruito per rispondere alle richieste di Washington in materia di sicurezza nazionale senza arrivare a una cessione completa del servizio.
La posizione prudente di Pechino
A commentare l’operazione è stato il ministero del Commercio cinese attraverso la portavoce He Yongqian. La sua dichiarazione, misurata ma carica di significato, ha indicato che l’accordo può essere considerato positivo solo se conforme alle leggi cinesi e capace di tutelare in modo equilibrato gli interessi di tutte le parti coinvolte. Per molti osservatori, non si tratta di un’approvazione piena, ma di una tolleranza condizionata: Pechino non intende ostacolare la soluzione, ma non accetta imposizioni che possano apparire come una forma di esproprio tecnologico.
Il nodo dell’algoritmo di TikTok
Il punto più sensibile resta quello dell’algoritmo di raccomandazione, vero cuore tecnologico di TikTok. In base all’intesa, ByteDance concederebbe in licenza la propria tecnologia di intelligenza artificiale al nuovo soggetto statunitense, che la utilizzerebbe per addestrare un sistema separato. La gestione della sicurezza dei dati e dell’infrastruttura verrebbe affidata a Oracle, già partner dell’azienda negli Stati Uniti. In questo modo Washington ottiene maggiori garanzie sul controllo delle informazioni, mentre Pechino cerca di evitare violazioni delle proprie norme sull’esportazione di tecnologie sensibili.
Il precedente del 2020
Sullo sfondo pesa il fallimento dell’accordo del 2020 che coinvolgeva Oracle e Walmart. Quella trattativa si arenò dopo che la Cina modificò le regole sul controllo delle esportazioni, includendo proprio gli algoritmi di raccomandazione. Il ricordo di quell’episodio spiega la cautela con cui oggi Pechino definisce l’operazione come una questione commerciale e non politica, ribadendo però che esistono limiti che non intende superare.
Una negoziazione, non una resa
Dal punto di vista cinese, l’intesa viene raccontata come il risultato di una negoziazione equilibrata, non come una capitolazione alle pressioni americane. È un messaggio rivolto sia all’opinione pubblica interna sia alle aziende tecnologiche nazionali: anche quando operano all’estero, restano sotto la protezione delle autorità di Pechino. Allo stesso tempo, il richiamo a un ambiente “equo e non discriminatorio” negli Stati Uniti suona come un avvertimento: le concessioni di oggi non garantiscono l’assenza di nuove tensioni domani.
La scadenza decisiva di gennaio 2026
Il nuovo assetto dovrebbe entrare in vigore il 22 gennaio 2026, appena ventiquattro ore prima dell’entrata in funzione della legge americana che impone la vendita dell’app o il suo divieto sul territorio statunitense. Fino ad allora, il futuro di TikTok resterà appeso a un equilibrio fragile, sospeso tra diplomazia, tecnologia e interessi strategici contrapposti.
