Spotify, piratato l’intero catalogo: il “backup” pesa 300 TB

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Nuove playlist offline automatiche su Spotify - Unsplash - cryptohack.it

Alessandro Bolzani

23 Dicembre 2025

Un’operazione dalle dimensioni senza precedenti sta facendo discutere il mondo della musica digitale e della cybersicurezza. Anna’s Archive, collettivo di attivisti pirata già noto per iniziative controverse, afferma di aver creato una copia quasi completa dei contenuti di Spotify, parlando apertamente di un archivio gigantesco che metterebbe in discussione la tenuta dei sistemi di protezione delle grandi piattaforme di streaming.

Un “backup” colossale dei contenuti Spotify

Nel lungo intervento pubblicato sul proprio blog, Anna’s Archive sostiene di aver messo insieme un archivio da circa 300 terabyte, frutto di un’operazione di scraping estremamente estesa. Secondo il gruppo, sarebbero stati raccolti circa 256 milioni di record di metadati relativi ai brani e fino a 86 milioni di file audio. Gli attivisti parlano di una copertura superiore al 99,6% degli ascolti complessivi presenti su Spotify. Il materiale è già in fase di diffusione pubblica tramite reti Torrent: per ora sono accessibili soprattutto i metadati, mentre i file audio vengono resi disponibili gradualmente, seguendo un criterio di popolarità.

La posizione di Spotify e l’indagine interna

Spotify, contattata dalla rivista Billboard, ha confermato l’esistenza dell’incidente, descrivendolo come un attacco hacker finalizzato al furto di dati. Un portavoce dell’azienda ha spiegato che le verifiche interne hanno portato alla scoperta di un accesso non autorizzato ai sistemi, durante il quale sarebbero stati prelevati metadati pubblici e aggirati i meccanismi di DRM che proteggono i file audio. La piattaforma ha chiarito che l’indagine è tuttora in corso, ma ha già ammesso che una parte dei contenuti è stata compromessa.

Qualità dei file e confini temporali dell’operazione

Secondo quanto dichiarato dagli attivisti, i brani più popolari sarebbero stati conservati nel formato originale a 160 kbps, mentre quelli meno ascoltati avrebbero subito una compressione ulteriore per ridurre l’ingombro complessivo dell’archivio. Un altro elemento chiave riguarda il periodo in cui sarebbe avvenuto l’attacco: Anna’s Archive colloca l’operazione a luglio 2025, precisando che i contenuti caricati su Spotify dopo quella data non rientrerebbero nel materiale messo in circolazione.

Pirateria o tutela della cultura digitale?

Dal punto di vista legale, non ci sono molti dubbi: l’operazione viola le normative sul diritto d’autore e sulla protezione dei contenuti digitali. Anna’s Archive, però, continua a presentare l’iniziativa come parte della propria missione di “preservazione della conoscenza e della cultura umana”, una linea difensiva già utilizzata in passato per giustificare altre attività simili. Una posizione che, se da un lato richiama un ideale di archiviazione universale, dall’altro evidenzia la sottile e problematica linea di confine tra attivismo digitale e pirateria. Intanto, il caso riaccende il dibattito sulla sicurezza delle piattaforme di streaming e sulla reale capacità di proteggere cataloghi musicali di dimensioni globali.

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