Roma, 20 novembre 2025 – Capire chi c’è dietro a un sito web può diventare fondamentale, soprattutto quando si trovano informazioni sbagliate o vecchie. Succede spesso: un lettore si accorge di un errore e vorrebbe farlo notare, ma non sa a chi rivolgersi. In realtà, ci sono diversi modi – più o meno semplici – per scoprire chi è il proprietario di un dominio. Serve però un po’ di cautela: i dati personali raccolti online sono protetti da leggi precise e un uso sbagliato può avere conseguenze.
Partire dal sito: cercare i contatti
Il primo passo, semplice ma spesso dimenticato, è dare un’occhiata alle pagine di contatto. Molti siti hanno una sezione “Contatti” o “Chi siamo” dove si trovano email, numeri di telefono o moduli per scrivere. Non è raro trovare anche il nome dell’azienda o del titolare. Da non perdere la partita IVA, spesso indicata in fondo alla homepage. Inserendo questo numero sul sito dell’Agenzia delle Entrate, si può risalire al proprietario fiscale.
A volte, le informazioni utili stanno nascoste tra i link ai social – Facebook, Instagram, LinkedIn – che si trovano in fondo alla pagina o nella sezione dedicata all’azienda. Dare un’occhiata veloce può dare già qualche indizio.
Quando il sito non basta: cercare online
Se sul sito non si trova nulla, si può provare con strumenti esterni. Il più famoso è Whois.com, che permette di cercare nel database pubblico dei domini. Basta inserire l’indirizzo del sito per vedere i dati di registrazione: nome del proprietario, contatti tecnici e amministrativi, data di creazione del dominio.
Ma attenzione: non sempre questi dati sono visibili. Molti registrar offrono servizi per nascondere la privacy (come Whois Privacy o ID Protection), che oscurano i dati personali. In questi casi, la ricerca mostra solo i riferimenti del provider, non del vero proprietario.
Un altro metodo semplice è usare Google. Cercando il nome del sito si possono trovare recensioni, articoli o schede informative, spesso prese da Wikipedia. Un piccolo trucco: cliccando sui tre puntini accanto all’URL nei risultati di Google, si apre una finestra con “Informazioni sulla fonte”, dove possono apparire riferimenti esterni e l’anno in cui il sito è stato indicizzato per la prima volta.
L’uso (limitato) dell’intelligenza artificiale
Negli ultimi tempi si sente parlare molto di chatbot come ChatGPT per avere informazioni sui siti web. Basta scrivere una richiesta tipo “dammi info sul dominio…” e si ottiene una risposta sintetica. Però, come ricordano gli esperti – e anche Salvatore Aranzulla nelle sue guide – questi strumenti possono sbagliare o dare dati non verificati. Meglio usarli solo come punto di partenza, confrontando sempre con fonti ufficiali.
Proteggere la propria identità online
Non tutti vogliono mostrare chi sono dietro a un sito. Per questo, i registrar offrono opzioni per nascondere l’intestatario. Servizi come Whois Privacy o ID Protection, che costano qualche euro all’anno (ad esempio su Aruba 3 euro più IVA), oscurano i dati personali nei database pubblici.
Attenzione però: non tutti i domini possono usufruire di questa protezione. Alcune estensioni – come .it, .eu o .gov.it – non permettono di nascondere i dati dell’intestatario. Prezzi e regole cambiano in base al provider e alle leggi nazionali.
Trasparenza sì, ma con responsabilità
Insomma, scoprire chi c’è dietro a un sito web è spesso possibile, ma non sempre facile. La trasparenza è importante, soprattutto per chi vuole informare e rispondere ai lettori. Allo stesso tempo, la privacy richiede limiti chiari sulla diffusione dei dati personali. Un equilibrio delicato, che richiede attenzione da tutti: utenti e gestori. Come dice Aranzulla: “Usate con giudizio i dati che trovate online e fatelo solo per scopi leciti”. Un consiglio semplice, ma fondamentale nell’era digitale.
