Nel cuore della Mongolia Interna, la Cina potrebbe aver trovato la chiave per riscrivere il futuro dell’energia nucleare: un’alternativa all’uranio più sicura, sostenibile e quasi infinita.
L’uranio ha segnato il XX secolo, diventando il simbolo del potere nucleare e alimentando tanto centrali elettrichequanto armi di distruzione. Ma nel sottosuolo terrestre, da sempre, c’è stato un fratello dimenticato: il torio, elemento chimico abbondante, meno pericoloso e con un potenziale energetico enorme. E oggi, a distanza di decenni, la Cina è pronta a puntare tutto su di lui.
Il torio, un’energia dimenticata per motivi politici più che scientifici
Il torio è un minerale radioattivo naturale che, a differenza dell’uranio, non è fissile da solo: per attivarlo è necessario un processo più complesso. Questo dettaglio tecnico, insieme al fatto che non può essere impiegato per costruire armi nucleari, lo ha reso poco interessante durante la Guerra Fredda, periodo in cui l’energia atomica è stata sviluppata con priorità militari.
Di conseguenza, tutta la filiera nucleare globale si è strutturata intorno all’uranio, ignorando volutamente l’alternativa torio, più pulita ma più difficile da sfruttare con le tecnologie dell’epoca. Oggi, però, le cose stanno cambiando rapidamente.

Nel complesso minerario di Bayan Obo, nella regione della Mongolia Interna, la Cina ha individuato un giacimento di torio stimato in oltre 1 milione di tonnellate. Una quantità che, secondo gli scienziati coinvolti nelle analisi, sarebbe in grado di garantire energia pulita alla Cina per i prossimi 60.000 anni.
Questo dato è impressionante, ma non sorprendente: il torio è da 3 a 5 volte più abbondante dell’uranio, si trova più facilmente, è distribuito in modo più equo sul pianeta ed è meno costoso da reperire. Se la Cina riuscisse a sviluppare un ciclo produttivo completo attorno a questo minerale, potrebbe diventare leader globale dell’energia nucleare di nuova generazione.
I vantaggi del torio: meno scorie, più sicurezza e sostenibilità
Oltre alla non proliferazione nucleare (non può essere usato per costruire bombe), il torio offre una lunga lista di vantaggi ambientali e tecnici:
Le scorie radioattive prodotte dal torio hanno una vita molto più breve, rendendole più facili da gestire e stoccare.
I reattori a sali fusi progettati per il torio sono intrinsecamente più sicuri, poiché non necessitano di acqua per il raffreddamento e riducono il rischio di incidenti gravi come la fusione del nocciolo.
A parità di massa, il torio può generare più energia rispetto all’uranio.
L’impatto ambientale complessivo del torio è drasticamente inferiore.
Non è un caso se nel deserto del Gobi, la Cina ha già acceso un reattore sperimentale a torio, piccolo ma funzionante. I piani del governo cinese prevedono l’espansione del progetto nei prossimi anni, con una roadmap che include reattori modulari per test su larga scala e, successivamente, l’integrazione nella rete nazionale.
Le sfide da affrontare prima della rivoluzione
Tuttavia, la strada del torio non è priva di ostacoli. L’estrazione di questo minerale richiede l’utilizzo di acidi forti e una grande quantità di energia, sollevando interrogativi su costi ambientali e sostenibilità a monte del processo.
Anche i reattori a sali fusi, pur più sicuri, sono ancora in fase sperimentale. Le infrastrutture attuali sono pensate per l’uranio, il che significa che una transizione su larga scala richiederebbe investimenti multimiliardari e una profonda revisione tecnologica.
Nonostante ciò, l’interesse della Cina è concreto e strategico: il torio rappresenta una leva geopolitica, un modo per affrancarsi dalle catene globali di approvvigionamento dell’uranio e spingere su una sovranità energetica pulita. Una mossa che potrebbe riscrivere gli equilibri dell’energia nucleare nel XXI secolo.
La stanchezza del modello energetico attuale, ancora troppo legato ai combustibili fossili e all’uranio, è evidente. Il torio arriva in un momento storico in cui l’urgenza climatica si intreccia con la necessità di sicurezza e indipendenza energetica. E se oggi sembra ancora un esperimento, domani potrebbe diventare la nuova colonna portante dell’energia globale, soprattutto se Paesi come la Cina decideranno di investire con decisione e lungimiranza.