Scoperta shock: ricostruito il volto di un Homo di 1,5 milioni di anni che rivoluziona la storia dell’uomo

Salvatore Broggi

27 Dicembre 2025

Nairobi, 27 dicembre 2025 – Un pezzo di cranio fossile rinvenuto vicino al lago Turkana, nel nord del Kenya, ha portato alla luce un volto di circa 1,5 milioni di anni fa, aprendo nuovi interrogativi sulle tappe dell’evoluzione umana. La scoperta, resa nota ieri dal team guidato dall’antropologo Peter Mboya dell’Università di Nairobi, mostra dettagli anatomici inaspettati che, secondo gli studiosi, potrebbero cambiare profondamente la nostra idea sull’albero genealogico dell’uomo.

Un volto antico torna a parlare nella Rift Valley

Il 14 agosto scorso, nel sito di Koobi Fora, a pochi chilometri dal villaggio di Ileret, un gruppo di paleontologi ha estratto dalla sabbia rossa un frammento di ossa temporale e parte dello zigomo. Solo in laboratorio il team guidato da Mboya si è reso conto che quel reperto conservava anche porzioni dell’orbita oculare e della radice nasale. Una scoperta rara e preziosa. “È saltato fuori un volto che non somiglia a nessuno finora associato all’Homo erectus o ai suoi parenti africani,” ha detto il professor Mboya durante la conferenza stampa a Nairobi. “Le proporzioni sono insolite: fronte molto bassa, setto nasale sviluppato in modo strano. Non avevamo mai visto nulla del genere in fossili di questa epoca.”

Tratti strani e nuove ipotesi sull’evoluzione

Il gruppo ha pubblicato una prima analisi su “Nature”, evidenziando come il cranio presenti un mix di caratteristiche “arcaiche e moderne”. Alcuni dettagli – come la forma dell’orbita e l’angolo dello zigomo – ricordano specie più antiche come l’Homo habilis, mentre altre parti si avvicinano sorprendentemente all’Homo sapiens. Questo insieme inatteso mette in crisi l’idea di un’evoluzione lineare e progressiva. “Questa scoperta fa pensare che i nostri antenati non seguissero una sola strada, ma fossero un insieme molto più vario di quanto credessimo,” ha aggiunto Mboya.

La datazione, effettuata con il metodo all’argon-argon nel laboratorio geocronologico dell’Università di Oxford, assegna al reperto almeno 1,47 milioni di anni. L’età lo colloca nel periodo in cui i primi Homo si diffondevano fuori dall’Africa orientale. A colpire gli esperti è soprattutto la forma del volto: zigomo alto e stretto, mandibola larga e solco sopraorbitario meno marcato rispetto agli Homo erectus coevi.

Pareri contrastanti nella comunità scientifica

Jean Dupuis, paleontologo francese intervistato da “Le Monde”, parla della scoperta come “una pietra miliare”. Spiega che “ogni dettaglio del cranio mette in discussione i modelli tradizionali: probabilmente la diversità anatomica era la norma tra i primi Homo.” Anche Giorgio Manzi dell’Università La Sapienza di Roma commenta: “Sarà necessario riscrivere molte pagine dei nostri manuali.”

Non mancano però voci più caute. Mary Wanjiku, antropologa al Museo Nazionale del Kenya, invita a non trarre conclusioni affrettate: “Abbiamo solo questo esemplare. Bisogna controllare tutto con attenzione e confrontarlo con altri resti noti.”

Cosa cambia nella storia delle nostre origini

La scoperta arriva mentre ancora si discute sulla varietà fisica delle antiche popolazioni africane. Se confermata, costringerà la paleoantropologia ad ammettere che diverse forme umane convivevano con tratti fisici e comportamenti differenti. Gli studiosi si chiedono se queste popolazioni interagissero o seguissero strade separate.

Mboya lo ha riassunto così davanti ai suoi studenti nell’aula magna: “Immaginate la Rift Valley come una grande scacchiera: non una sola linea evolutiva, ma tanti percorsi che si incrociano.” Una metafora ripresa da molti giornali africani.

Prossimi passi per scoprire di più

Il reperto – conservato in una teca a temperatura controllata nel museo universitario – sarà sottoposto a indagini morfometriche 3D e confronti con altri resti dall’Etiopia e dal Sudafrica nei prossimi mesi. I risultati definitivi sono attesi per la primavera 2026.

Intanto questo volto antico emerso dalla terra rossa del Turkana spinge gli studiosi a guardare con occhi nuovi alle origini più lontane della nostra specie. Le domande su chi siamo davvero restano aperte.

Change privacy settings
×