L’era della chirurgia robotica è iniziata da anni, ma ora l’Agenas frena. Troppe spese, dubbi sulla sostenibilità e poca chiarezza sui reali benefici: ogni nuovo sistema dovrà passare da un vaglio centrale.
Con oltre mille pagine, l’ultimo report dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) rappresenta un punto di svolta nella gestione dell’innovazione tecnologica in sanità pubblica. In particolare, prende di mira la chirurgia robotica, settore in continua crescita, che negli ultimi anni ha visto una diffusione capillare nei principali ospedali italiani.
L’Agenzia impone ora che ogni nuova acquisizione di robot chirurgici venga autorizzata a livello centrale, bloccando di fatto l’autonomia decisionale delle singole strutture sanitarie. L’obiettivo? Garantire che ogni investimento sia clinicamente giustificato, sostenibile economicamente e inserito in un quadro strategico nazionale.
Il caso Torino e il robot Da Vinci bloccato: troppo pesante per la soletta
Il primo effetto concreto di questa nuova linea si sta verificando a Torino, dove era previsto l’arrivo del sistema Da Vinciall’ospedale Sant’Anna, specializzato in ginecologia e ostetricia. Tuttavia, una relazione tecnica stilata dalla Città della Salute ha sollevato un problema strutturale: la soletta dove dovrebbe essere collocato il dispositivo potrebbe non reggere il suo peso.
Agenas ha preso in carico la questione e ha indicato, nero su bianco, che non sussistono al momento le condizioni per procedere con l’installazione. Il progetto era finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e da Intesa Sanpaolo, ed era promosso in collaborazione con la Fondazione Medicina a Misura di Donna. Ora, però, tutto è in stand-by, in attesa del parere ufficiale.
Il nuovo direttore generale della Città della Salute, Livio Tranchida, in carica da pochi giorni, ha confermato che la richiesta formale è stata inoltrata, e che si attende una risposta da Agenas. «Credo nell’innovazione — ha dichiarato — ma va integrata con responsabilità, valutando l’effettiva utilità clinica e la compatibilità con le risorse disponibili».

In Italia, l’uso della robotica in sala operatoria è cresciuto rapidamente. Basti pensare che in Piemonte, gli interventi eseguiti con il supporto di robot sono passati da 794 nel 2019 a circa 1.600 nel 2023, rendendo la regione la quarta in Italia per concentrazione di dispositivi, dopo Lombardia, Lazio e Veneto.
Molti di questi sistemi sono estremamente costosi: un robot Da Vinci può arrivare a oltre 2 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i costi di manutenzione, formazione del personale e materiali di consumo. Da qui l’esigenza di una valutazione rigorosa, anche economica, prima di approvare nuovi acquisti.
Nelle stesse ore in cui a Torino il progetto per il robot ginecologico viene congelato, l’ospedale Molinette annuncia l’arrivo di un nuovo sistema Single Port per la chirurgia urologica, donato dalla Fondazione Crt. Si tratta di un robot di ultima generazione che consente di operare con un solo accesso, riducendo complicanze e tempi di recupero post-operatorio. Sarà presentato ufficialmente alla cittadinanza la prossima settimana.
Cosa dice Agenas: vantaggi sì, ma con limiti e verifiche rigorose
Nel suo report, Agenas non nega i benefici della chirurgia robotica, ma sottolinea che vanno circoscritti e misurati accuratamente. In ginecologia, ad esempio, viene riconosciuto un vantaggio nella riduzione delle complicanze rispetto alla laparotomia, ma i risultati restano simili a quelli della laparoscopia, tecnica già consolidata e meno costosa.
Più positivo il giudizio in urologia, dove i benefici post-operatori, in termini di funzionalità e gestione del dolore, sembrano giustificare l’adozione di sistemi robotici, soprattutto quelli Single Port. Tuttavia, Agenas insiste sulla necessità di confronti diretti tra sistemi commerciali, e chiede che si valuti ogni investimento in base a criteri oggettivi di efficacia, sicurezza e sostenibilità.
Un altro elemento messo in evidenza è l’importanza di non sovrapporre l’adozione tecnologica a logiche commerciali o mediatiche. I robot non sostituiscono i medici, né rendono un ospedale “più avanzato” per definizione. Possono migliorare i risultati clinici solo se inseriti in percorsi diagnostico-terapeutici coerenti e ben strutturati.
La chirurgia robotica è una delle innovazioni più affascinanti della medicina moderna, ma non può essere adottata come status symbol o strumento di marketing ospedaliero. Il messaggio di Agenas è chiaro: serve metodo, serve misura. Non è sufficiente che una tecnologia sia nuova per essere utile. E non basta che sia spettacolare per essere sostenibile.
Per i pazienti, ciò significa una sola cosa: la vera innovazione è quella che cura meglio, non quella che appare più moderna. E per il sistema sanitario, in un’epoca di risorse limitate, ogni euro investito deve essere giustificato da un miglioramento tangibile degli esiti clinici.