Regno Unito valuta il divieto di donazioni in criptovalute ai partiti politici per sicurezza nazionale

Salvatore Broggi

2 Dicembre 2025

Londra, 2 dicembre 2025 – Il governo britannico sta valutando un divieto alle donazioni in criptovalute ai partiti politici. Questa decisione arriva proprio mentre il partito Reform UK avanza nei sondaggi e crescono le preoccupazioni sul rischio che arrivino fondi dall’estero. Fonti di Downing Street confermano che il tema è stato al centro delle ultime riunioni di governo, spinte da pressioni che arrivano sia dalla maggioranza che dall’opposizione.

Donazioni anonime: un allarme sempre più forte

Negli ultimi mesi, l’ascesa di Reform UK, guidato da Nigel Farage, ha riportato sotto i riflettori il problema delle donazioni politiche trasparenti. Il nodo sta nelle criptovalute, che permettono ai donatori di restare praticamente sconosciuti. Un funzionario del Ministero degli Interni, che ha chiesto di restare anonimo, ha spiegato: “È una sfida nuova. Il pericolo è che soggetti stranieri influenzino la politica nazionale senza passare dai controlli normali sulle donazioni”.

Oggi la legge britannica permette ai partiti di ricevere donazioni solo da chi è considerato “ammissibile”, cioè residenti nel Regno Unito o persone con requisiti precisi di trasparenza. Ma proprio la natura delle criptovalute come Bitcoin ed Ethereum rende complicato risalire con certezza a chi dona. Questa zona d’ombra normativa, secondo un parlamentare laburista in Commissione Affari Interni, “mette a rischio la fiducia nelle istituzioni”.

Reform UK cresce e si accende il dibattito sui fondi

Con il consenso di Reform UK salito al 17% secondo l’ultimo sondaggio YouGov, i partiti tradizionali chiedono garanzie più stringenti sulla trasparenza finanziaria. Un esponente conservatore ha chiarito: “Non si tratta solo delle criptovalute, ma di garantire che la politica non venga condizionata da interessi estranei agli elettori britannici”.

Farage ha respinto ogni sospetto: “Le nostre finanze sono trasparenti”, ha detto in una recente intervista alla BBC. Eppure, qualche settimana fa la Commissione Elettorale ha chiesto conto a vari partiti su nuove entrate sospette, senza però rendere pubblici i dettagli.

Una legge in ritardo e tra resistenze

Il dibattito sulle donazioni in criptovalute va avanti da oltre un anno. A luglio la Camera dei Comuni aveva discusso una proposta per mettere un tetto alle donazioni anonime, ma la misura è stata messa da parte dopo le prime resistenze interne. Ora però lo scenario è cambiato. Un esperto di diritto elettorale dell’Università di Oxford commenta: “Il contesto internazionale si è complicato e le tensioni geopolitiche rendono urgente proteggere i processi democratici”.

Le prime indiscrezioni dicono che il governo starebbe pensando a due strade: vietare del tutto le donazioni in criptovalute oppure imporre un sistema obbligatorio per verificare l’identità dei donatori. Resta aperta anche l’ipotesi del tetto massimo.

Autorità allerta e reazioni politiche

Sia la Commissione Elettorale sia la Financial Conduct Authority segnalano il rischio concreto che soldi stranieri aggirino i controlli usando portafogli digitali. “Non possiamo lasciare che l’anonimato metta a rischio l’integrità del voto”, spiega un funzionario vicino al premier Rishi Sunak.

I laburisti chiedono una riforma rapida. In una nota diffusa stamattina, Keir Starmer ha invocato “regole chiare e sanzioni immediate” contro chi tenta di eludere la trasparenza nei finanziamenti. La stessa linea arriva dai liberal-democratici, mentre nel Partito Conservatore resta acceso il dibattito: alcuni temono che regole troppo rigide possano colpire anche donazioni lecite e innovative.

Uno scenario ancora tutto da definire

Secondo molti osservatori politici, una stretta sulle criptovalute potrebbe arrivare già entro gennaio 2026. Ma finché non arriverà un testo definitivo in Parlamento, molte cose restano incerte, sia sulle modalità sia sull’efficacia dei controlli futuri. Intanto il Regno Unito deve affrontare una sfida ben più grande delle semplici regole sui finanziamenti: capire come le democrazie europee possano difendersi dai rischi dell’era digitale.

A Westminster il dibattito promette ancora settimane calde—soprattutto se i sondaggi continueranno a prefigurare un panorama politico sempre più frammentato.

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