Roma, 30 dicembre 2025 – La Posta Elettronica Certificata (PEC) è ormai una presenza imprescindibile in Italia. Dalla Pubblica Amministrazione alle aziende di tutte le dimensioni, fino ai professionisti iscritti agli ordini, nessuno può farne a meno. Da quasi vent’anni la PEC si è radicata nel quotidiano amministrativo e imprenditoriale, diventando il punto di riferimento per le comunicazioni ufficiali tra privati, enti pubblici e imprese. Un percorso segnato da leggi, aggiornamenti tecnici e un’evoluzione costante della cultura digitale.
PEC: la carta d’identità digitale per aziende e PA
Dal 1° gennaio 2013, con l’entrata in vigore di norme come il Decreto Legge 179/2012 e il Decreto Legislativo 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale), la PEC è diventata obbligatoria per un vasto numero di soggetti. Non solo per le società di capitali o le ditte individuali iscritte al Registro delle Imprese, ma anche per i liberi professionisti — avvocati, commercialisti e altri — che devono fornire un indirizzo certificato agli ordini di appartenenza. Anche le pubbliche amministrazioni sono tenute a dotarsi di una PEC per ogni settore operativo.
Il motivo? “La PEC garantisce certezza sulla data e sull’autore dell’invio”, spiega Elena Tosti, responsabile del servizio digitale alla Camera di Commercio di Roma. In questo modo si sostituiscono raccomandate e comunicazioni cartacee nei procedimenti ufficiali. Negli uffici protocollo degli enti pubblici arrivano ormai decine di migliaia di messaggi PEC ogni settimana. Solo l’Agenzia delle Entrate ne gestisce oltre 200mila al giorno, secondo i dati forniti dall’ente.
Obblighi precisi: chi deve usare la PEC e cosa rischia
Per alcune categorie la PEC non è un optional ma un obbligo sancito dalla legge. Le società appena nate, ad esempio, devono indicare la loro PEC già al momento dell’iscrizione al Registro Imprese. Se manca un indirizzo valido, la Camera di Commercio può bloccare la pratica e infliggere sanzioni – una brutta sorpresa che molti neo-imprenditori scoprono solo quando il sistema si ferma.
Anche i professionisti iscritti agli ordini sono sotto controllo costante. “Ogni anno verifichiamo gli indirizzi comunicati”, conferma Valentina Esposito, segretaria dell’Ordine degli Ingegneri di Milano. “Chi non aggiorna la PEC rischia la sospensione dall’albo.” Lo stesso vale per amministratori di condominio o revisori contabili: la posta elettronica certificata è ormai fondamentale non solo per ricevere notifiche ma anche per inviare documenti che hanno valore legale.
Come cambia davvero il lavoro con la PEC
Il meccanismo è semplice: ogni messaggio inviato via PEC produce una ricevuta legale sia al mittente che al destinatario. Un sistema che assicura – spesso nel giro di pochi minuti – la tracciabilità completa delle comunicazioni ufficiali. Gli avvocati la usano per depositare atti nei tribunali; i cittadini per dialogare con l’INPS o con l’Agenzia delle Entrate.
Alle 9 in molti studi professionali aprire le caselle PEC è il primo gesto della giornata. “Arrivano avvisi dal Comune, scadenze dall’Agenzia delle Entrate, richieste dai clienti”, racconta Marco Filippi, commercialista romano. Tutto viene archiviato in digitale; ormai negli uffici più organizzati la carta è quasi sparita.
Non mancano però problemi: alcuni utenti segnalano difficoltà tecniche, spam ricevuto tramite PEC o problemi ad aprire gli allegati. Altri temono di perdere messaggi perché le caselle sono piene o poco curate. Il Garante della Privacy ha rilevato nelle ultime settimane alcune violazioni legate a una gestione scorretta dei dati personali trasmessi via posta elettronica certificata.
PEC domani: cosa aspettarsi
Nel 2025 in Italia ci sono oltre 15 milioni di caselle PEC attive, secondo l’ultimo rapporto AgID. Un numero destinato a salire grazie alla spinta verso la digitalizzazione della PA prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Presto dovrebbe arrivare anche il nuovo standard europeo “Registered Electronic Delivery Service” (REDS), che metterà ordine nella validità legale delle comunicazioni digitali in tutta l’Unione Europea.
Nel frattempo imprese e amministrazioni locali si chiedono quali saranno i prossimi passi. “Non si può più immaginare un’organizzazione senza PEC,” ammette Gianni Brizzi, responsabile IT del Comune di Bologna. Questo strumento ha semplificato molto i processi ma richiede formazione continua del personale e aggiornamenti costanti sui sistemi usati.
Solo allora – forse nemmeno del tutto – potremo dire che la transizione digitale ha raggiunto risultati concreti ovunque. Intanto però la strada tracciata dalla PEC sembra ormai senza ritorno.
