Il Dipartimento del Commercio USA e un’iniziativa nelle Filippine rimettono Polygon al centro del dibattito crypto. Ma i fondamentali reggeranno?
Polygon non era più sulla bocca di nessuno. Soppiantata da nomi come Arbitrum e Optimism, la chain layer 2 di Ethereum sembrava destinata a un lento declino, travolta dal cambio di trend che ha premiato soluzioni più veloci, economiche e compatibili con i nuovi modelli di rollup.
Ma in un’inaspettata svolta di settembre 2025, Polygon è tornata a brillare. In una sola settimana ha guadagnato l’11%, con un ulteriore +2% nell’arco di un’ora, mentre gran parte del mercato crypto viaggiava in territorio negativo. Una ripresa che non è figlia di hype tecnico, né dell’effetto “degen” dei social, ma di due interventi a sorpresa dal mondo politico e istituzionale.
Il primo arriva dagli Stati Uniti, dove il Dipartimento del Commercio ha annunciato la pubblicazione di dati federali su nove blockchain, tra cui – con grande sorpresa – anche Polygon. Una scelta che ha riacceso l’interesse per una chain che sembrava fuori dai radar governativi, nonostante i suoi legami con il mercato statunitense.
Il secondo segnale è arrivato dalle Filippine, dove un parlamentare ha proposto di trasferire il bilancio dello Stato su blockchain. L’iniziativa, ancora in fase embrionale, ha comunque avuto l’effetto di riportare Polygon nella conversazione globale sulla trasparenza digitale e l’adozione governativa delle tecnologie Web3.
TVL stabile, ecosistema in fermento: Polygon non è una chain morta
Sebbene il prezzo abbia reagito in modo positivo, i numeri fondamentali di Polygon raccontano una storia più prudente. Secondo i dati aggiornati da DefiLlama, il valore totale bloccato (TVL) su Polygon mostra da mesi una lateralizzazione, senza segnali di inversione netta del trend.
Nel confronto con Arbitrum, oggi leader indiscusso tra i layer 2, il distacco è evidente: Polygon, un tempo dominante nel 2021, ha perso terreno in quasi tutti i settori della DeFi. Eppure, qualcosa si muove.

Una parte della recente crescita nel TVL è dovuta al comparto RWA (Real World Assets), cioè la tokenizzazione di asset reali. In particolare, la piattaforma Mercado Bitcoin ha cominciato a utilizzare attivamente Polygon per la gestione dei propri asset digitali, contribuendo allo spike visibile nei grafici TVL.
Non è una rinascita completa, ma nemmeno il segnale di una chain abbandonata. Il protocollo continua a sviluppare infrastrutture, mantenere partnership istituzionali e puntare sul settore corporate, dove potrebbe giocare un ruolo importante nel medio periodo.
Anche se l’entusiasmo resta cauto, è innegabile che Polygon abbia superato lo stigma di “progetto fallito” e stia ritrovando visibilità. Resta però da capire se questi segnali isolati si trasformeranno in un vero e proprio cambio di marcia sul lungo termine.
Politica, trasparenza e nuovi equilibri tra le chain L2: il contesto 2025
Il ritorno d’attenzione verso Polygon avviene in un momento di forte ridefinizione degli equilibri tra i layer 2 su Ethereum. L’arrivo di soluzioni emergenti come Base, sostenuta da Coinbase, e Ink, chain sperimentale con approccio modulare, ha creato un ambiente più competitivo, ma anche più aperto alla diversificazione.
Polygon, con la sua esperienza e la sua struttura ibrida, potrebbe risultare ancora appetibile per quei governi e aziende che vogliono coniugare scalabilità, compliance e interoperabilità. L’inclusione nei sistemi informativi del Dipartimento del Commercio USA non è un dettaglio secondario: è un segnale di legittimazione istituzionale, che potrebbe aprire la strada a nuovi usi pubblici della blockchain.
Anche l’esperimento proposto nelle Filippine, sebbene ancora senza piani esecutivi, contribuisce a posizionare Polygon nel contesto della blockchain per la governance, una nicchia in cui la trasparenza e la certificazione dei dati contano più della speculazione finanziaria.
È forse questa la vera lezione della settimana: non tutte le chain devono essere “la prossima Arbitrum” per avere un ruolo nel futuro del Web3. Polygon potrebbe ritagliarsi uno spazio più istituzionale, meno rumoroso ma più solido, lontano dai riflettori ma al centro dell’infrastruttura pubblica digitale.