Nel 2025 il rischio di attacchi informatici è ai massimi storici. Investire sulla formazione è oggi la difesa più efficace.
Ogni utente è un potenziale bersaglio: la sicurezza informatica non riguarda più solo l’IT, ma ogni livello aziendale.
Nel 2025, il cybercrimine ha superato ogni record. Si stima che ogni 11 secondi nel mondo avvenga un attacco ransomware, e l’errore umano è responsabile del 95% delle violazioni informatiche. In questo scenario, formare le persone è diventato tanto importante quanto installare firewall o antivirus. La cybersecurity awareness, una volta riservata ai tecnici, è oggi una competenza trasversale richiesta in ogni settore.
Formazione continua, non solo per gli addetti IT
Negli ultimi anni, la digitalizzazione ha coinvolto ogni aspetto della vita aziendale: dai gestionali al cloud, dai dispositivi mobili allo smart working. Questo ha ampliato drasticamente il numero di potenziali punti di accesso per gli hacker. Ed è qui che entra in gioco la formazione sulla sicurezza informatica.
Ogni dipendente, anche il meno esperto, è parte attiva nel sistema di difesa. Eppure, molte aziende italiane continuano a sottovalutare questo aspetto. Secondo i dati aggiornati al 2025, meno del 50% delle PMI ha avviato corsi strutturati di cybersecurity per i propri dipendenti. Una percentuale ancora troppo bassa, soprattutto se si considera l’aumento esponenziale delle truffe via e-mail, delle violazioni dei dati e degli attacchi mirati.

La formazione sulla cybersecurity oggi non si limita a spiegare come riconoscere una mail di phishing o a impostare password complesse. Prevede simulazioni reali, aggiornamenti sulle minacce emergenti, lezioni su social engineering, uso sicuro del cloud, protezione dei dispositivi mobili, sicurezza del lavoro da remoto e rispetto delle normative sulla privacy. Ogni attività è studiata per costruire una cultura aziendale della sicurezza.
Le aziende più virtuose hanno integrato moduli obbligatori nel processo di onboarding, sessioni di aggiornamento trimestrali, alert in tempo reale sui nuovi attacchi e strumenti interattivi per testare la reattività dei dipendenti. In molti casi, questa strategia ha portato a riduzioni del 70% delle violazioni causate da comportamenti errati.
L’errore umano resta il punto più vulnerabile
Gli esperti di sicurezza lo ripetono da anni: la tecnologia da sola non basta. Puoi avere il miglior sistema di protezione al mondo, ma se un dipendente apre un allegato infetto, tutto crolla. E non si tratta di sciatteria: molte minacce informatiche odierne sono progettate per sembrare autentiche, sfruttano il fattore umano e la psicologia.
Nel 2025, le truffe via e-mail sono più sofisticate che mai: mimano comunicazioni da parte di banche, fornitori, clienti, persino colleghi interni. Ecco perché la formazione deve diventare un processo continuo, non una tantum.
Un altro punto critico riguarda il lavoro da remoto, oggi normalizzato in quasi tutte le grandi aziende. Con la diffusione dello smart working, i dipendenti si collegano da reti domestiche, caffè, hotel e aeroporti. Questo espone i sistemi a rischi enormi se non accompagnato da una forte cultura della sicurezza.
Oltre alla protezione dei dispositivi, è necessario formare i lavoratori su pratiche corrette: evitare reti Wi-Fi pubbliche non protette, aggiornare regolarmente software e antivirus, riconoscere richieste sospette via chat o e-mail.
Nel settore sanitario e bancario, dove le violazioni possono avere conseguenze gravi per la privacy dei pazienti o la sicurezza finanziaria dei clienti, i corsi di cybersecurity sono ormai obbligatori per legge. Ma anche settori come l’istruzione, la logistica e la pubblica amministrazione stanno aumentando gli investimenti in formazione per ridurre la superficie di attacco.
Nel frattempo, cresce il numero di aziende che collaborano con enti specializzati per realizzare percorsi personalizzati di cybersecurity awareness, validi anche per la compliance normativa europea, inclusi il GDPR, il NIS2 e le linee guida DORA per il settore finanziario.
Le nuove minacce del 2025 richiedono utenti formati e attenti
Nel 2025 sono aumentati gli attacchi zero-day, capaci di sfruttare vulnerabilità non ancora note nemmeno ai produttori di software. Sono tornati in auge i cryptojacking, che sfruttano i dispositivi aziendali per minare criptovalute a insaputa dell’utente. E stanno crescendo anche i cyberattacchi ibridi, che combinano social engineering, vulnerabilità tecniche e manipolazione psicologica.
In questo scenario, la formazione interna diventa anche una leva strategica per dimostrare responsabilità sociale. Un’organizzazione poco preparata può diventare il punto debole dell’intera catena di fornitura. Un clic sbagliato in una piccola azienda può mettere a rischio fornitori, partner e clienti.
Non a caso, cresce il numero di realtà che inseriscono la cybersecurity awareness tra i criteri di valutazione ESG(ambientali, sociali e di governance). Essere “cyber consapevoli” significa anche essere etici e affidabili in un mondo interconnesso.