Un sistema basato su AI anticipa i medici e rileva micro-movimenti facciali che indicano coscienza in pazienti apparentemente incoscienti
Un nuovo algoritmo potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui valutiamo i pazienti in stato vegetativo: in alcuni casi ha anticipato i segnali di coscienza di oltre una settimana rispetto alla diagnosi clinica.
Immaginate di essere immobili in un letto d’ospedale, incapaci di parlare o muovervi, ma perfettamente coscienti. Intrappolati in un corpo che non risponde, osservate il mondo, ascoltate le voci dei vostri cari, ma nessuno se ne accorge. È il dramma invisibile della coscienza nascosta, una condizione ancora oggi difficile da diagnosticare, ma su cui la ricerca del 2025 ha acceso nuove luci.
L’intelligenza artificiale anticipa la diagnosi di coscienza non rilevata
Per anni, i segnali di coscienza nei pazienti non responsivi venivano rilevati solo attraverso risonanze magnetiche funzionali o altri strumenti di neuroimaging avanzati, disponibili in pochi centri e a costi elevati. Il caso più celebre risale al 2006, quando una paziente apparentemente in coma mostrò di poter “immaginare” una partita di tennis in risposta a una richiesta specifica dei medici. Un segnale straordinario, ma isolato.
Nel 2025, una svolta concreta arriva da un team della Stony Brook University, negli Stati Uniti, che ha messo a punto SeeMe, un sistema di analisi video potenziato da intelligenza artificiale. Lo scopo è semplice ma rivoluzionario: identificare micro-movimenti facciali – come l’apertura impercettibile di un occhio o una leggera vibrazione delle labbra – che sfuggono all’occhio umano ma potrebbero indicare presenza di coscienza.

Durante lo studio condotto su decine di pazienti con gravi traumi cranici, SeeMe ha registrato e analizzato migliaia di ore di filmati in tempo reale. In oltre il 70% dei casi, ha individuato segnali di risposta tra i 4 e gli 8 giorni prima della rilevazione clinica tradizionale. Un margine temporale enorme, se si considera che ogni giorno guadagnato può significare un intervento terapeutico tempestivo, una riabilitazione più efficace o una decisione più consapevole per le famiglie.
Una tecnologia che integra la medicina, non la sostituisce
La forza di questo approccio non sta solo nella precocità, ma nel fatto che si tratta di uno strumento non invasivo, economico e replicabile. A differenza delle tecniche complesse di neuroimaging, l’analisi video può essere implementata in quasi tutti gli ospedali dotati di telecamere ad alta definizione, rendendo la diagnosi precoce della coscienza accessibile su larga scala.
Chi teme che l’intelligenza artificiale possa rimpiazzare i medici, non coglie l’essenza di questa innovazione. L’AI non prende decisioni cliniche, ma fornisce indizi preziosi che l’occhio umano potrebbe non rilevare. Come un fonendoscopio digitale, amplifica segnali deboli; come un microscopio neurologico, porta alla luce dettagli invisibili. In un ambito delicato come la valutazione dello stato di coscienza, questo significa dare voce a chi non può parlare e ridurre il rischio di diagnosi errate.
Il potenziale futuro è ancora più audace. Alcuni ricercatori stanno sperimentando l’uso dell’AI per decodificare risposte binarie – un battito di ciglia per dire “sì” o “no” – offrendo ai pazienti la possibilità di comunicare scelte vitali, comprese quelle legate alle terapie da proseguire o interrompere. Un orizzonte che pone questioni etiche complesse, ma che restituisce dignità e partecipazione a chi, fino a ieri, veniva considerato del tutto incosciente.
Nel 2025, alcuni ospedali europei e americani hanno già avviato protocolli sperimentali per integrare sistemi simili a SeeMe nelle unità di terapia intensiva. In Italia, si segnalano primi test clinici a Milano e Bologna, con risultati promettenti anche su pazienti pediatrici. L’adozione su scala nazionale resta ancora lontana, ma la direzione è tracciata.
L’intelligenza artificiale non è infallibile, e lo sanno bene anche i suoi sviluppatori. Ma il margine di errore si riducequando a collaborare sono algoritmi e competenze mediche. Ed è proprio questa alleanza tra scienza e tecnologia che potrebbe cambiare il corso delle vite sospese, restituendo speranza a migliaia di famiglie.