OpenAI firma con Oracle un accordo da 300 miliardi di dollari per i data center AI. Cosa prevede il maxi contratto e quali sfide porta con sé.
OpenAI ha ufficializzato un accordo storico con Oracle dal valore complessivo di 300 miliardi di dollari in cinque anni, secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal. Il contratto, che entrerà a pieno regime nel 2027, rappresenta uno dei più grandi impegni mai siglati nel settore cloud e testimonia la corsa senza precedenti alla potenza di calcolo necessaria per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
L’impatto economico e il rally in Borsa di Oracle
Il contratto prevede un fabbisogno di 4,5 gigawatt di energia, un valore paragonabile alla produzione di due dighe di Hoover o al consumo medio di quattro milioni di abitazioni. Una scala mai vista prima per un singolo cliente.

La notizia ha avuto immediati riflessi sul mercato: le azioni Oracle hanno registrato un rialzo del 43%, spingendo il patrimonio del presidente Larry Ellison a quasi 400 miliardi di dollari, portandolo di fatto nella stessa fascia di Elon Musk come uomo più ricco del mondo. Nel trimestre chiuso ad agosto, Oracle ha annunciato 317 miliardi di dollari di ricavi da contratti futuri, segnalando una spinta poderosa legata proprio all’intelligenza artificiale. Un impegno di queste dimensioni, però, comporta anche rischi significativi. OpenAI genera attualmente circa 10 miliardi di dollari annui di fatturato, ben lontani dai 60 miliardi che dovrà versare ogni anno in media per rispettare il contratto. Dall’altra parte, Oracle concentra una fetta importante delle proprie entrate future su un unico cliente, con la necessità di ricorrere a nuovo debito per finanziare i chip e le infrastrutture necessarie.
Le sfide della nuova partnership e il futuro di ChatGPT
Il progetto rientra nella strategia “Stargate”, lanciata da OpenAI per potenziare la propria rete di data center e ridurre la dipendenza da Microsoft, finora suo fornitore principale di risorse cloud. La startup guidata da Sam Altman ha ammesso che la carenza cronica di risorse informatiche sta rallentando il lancio di nuovi modelli di AI e limitando le innovazioni promesse. Con l’accordo con Oracle, OpenAI punta a superare questi limiti, ma resta l’incognita di una spesa fuori scala. Secondo il Wall Street Journal, la società non prevede di generare utili fino al 2029 e stima di accumulare perdite per 44 miliardi di dollari nei prossimi anni.
Il contesto internazionale conferma la difficoltà: la domanda di chip e server è esplosa, e secondo Morgan Stanley entro il 2028 la spesa globale per infrastrutture AI supererà i 2,9 trilioni di dollari. Questo boom rischia di mettere sotto pressione non solo le aziende, ma anche le reti energetiche locali, con intere aree degli Stati Uniti già al limite per la costruzione di nuovi data center. Il futuro di ChatGPT e dei servizi AI dipenderà dalla capacità di mantenere questa crescita e dal sostegno finanziario dei grandi investitori. Il contratto con Oracle rappresenta quindi una scommessa enorme, che potrebbe consolidare la posizione di OpenAI come leader mondiale, ma che allo stesso tempo espone l’azienda a rischi senza precedenti.