Pechino ordina alle big tech di tagliare i rapporti con Nvidia, mentre cresce la tensione tecnologica con gli Stati Uniti
La stretta sulle importazioni segna un nuovo capitolo nella guerra tecnologica tra Cina e USA, con Nvidia al centro del conflitto e Pechino pronta a puntare sull’industria nazionale.
La Cina ha imposto una nuova misura drastica nel suo piano per raggiungere l’autosufficienza tecnologica: secondo un’anticipazione del Financial Times, le autorità cinesi di regolamentazione di Internet avrebbero ordinato alle principali aziende tecnologiche nazionali di interrompere gli acquisti di chip Nvidia per l’intelligenza artificiale e cancellare gli ordini già in essere.
Una decisione che arriva in un momento di forti tensioni con gli Stati Uniti e che segna un ulteriore passo nella strategia cinese per rafforzare l’industria interna dei semiconduttori.
Nvidia nel mirino di Pechino: lo stop arriva dalle autorità di Internet
La mossa di Pechino colpisce in particolare i chip avanzati per l’intelligenza artificiale, settore in cui Nvidia domina il mercato globale grazie a prodotti come le GPU della serie A100 e H100. La richiesta è stata rivolta direttamente ai colossi tecnologici cinesi, tra cui Alibaba, Tencent e Baidu, invitati a rescindere ogni accordo commerciale in corso con Nvidia, anche per acquisti già programmati per la seconda metà del 2025.
La decisione non è isolata. Rientra in un piano più ampio della Cyberspace Administration of China, che sta spingendo l’industria tech del Paese a ridurre la dipendenza da tecnologie straniere, specialmente in settori strategici come cloud, AI e infrastrutture di rete. In parallelo, Pechino sta investendo miliardi nella produzione di chip locali attraverso aziende come SMIC e Huawei, che nel 2025 ha rilanciato il proprio processore AI Ascend 920B con prestazioni competitive, secondo benchmark divulgati a livello nazionale.

Intervenuto pubblicamente sulla vicenda, il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha espresso delusione per la misura imposta dalla Cina, ma ha scelto una linea diplomatica. «Penso che potremmo servire un mercato solo se il Paese lo desidera», ha dichiarato, aggiungendo che discuterà la questione con Donald Trump in occasione di un banchetto di Stato nel Regno Unito previsto per la fine di settembre.
Huang ha anche sottolineato come l’intelligenza artificiale possa rappresentare un ponte tra le economie, ma ha ammesso che le aziende statunitensi devono rispettare le decisioni sovrane dei governi, senza forzature. Dietro le quinte, tuttavia, cresce la preoccupazione per l’impatto che questo stop potrebbe avere sul fatturato di Nvidia, che negli ultimi trimestri ha già visto una riduzione del 12% del volume d’affari con la Cina, oggi ancora il secondo mercato più rilevante per l’azienda dopo gli Stati Uniti.
Nel frattempo, Nvidia continua a collaborare con altri mercati asiatici, tra cui India, Singapore e Corea del Sud, che stanno ampliando i loro investimenti nell’AI per compensare l’arretramento cinese.
Un nuovo capitolo nella guerra tecnologica tra Cina e Stati Uniti
Lo stop agli acquisti di Nvidia arriva in un momento di forte contrapposizione tra Cina e Stati Uniti sul controllo delle tecnologie critiche. Washington ha già imposto limitazioni severe all’esportazione di chip avanzati verso Pechino, e secondo fonti diplomatiche, nei prossimi mesi potrebbero essere varate nuove misure per limitare la vendita di software e tool per la progettazione di semiconduttori.
La Cina, dal canto suo, ha accelerato la nazionalizzazione delle sue supply chain tecnologiche, promuovendo anche programmi statali di finanziamento agevolato per le startup di semiconduttori. Il risultato è un’escalation commerciale che, secondo analisti internazionali, potrebbe ridisegnare gli equilibri globali dell’industria dei chip entro il 2027.
Intanto, il messaggio di Pechino è chiaro: l’era della dipendenza da fornitori americani è finita. E anche se le capacità produttive interne non sono ancora al livello delle GPU Nvidia, l’orientamento politico e industriale è ormai consolidato. L’interrogativo che resta aperto è se l’innovazione potrà davvero prescindere dalla collaborazione globale, o se la frammentazione geopolitica della tecnologia renderà tutto più lento, più costoso e meno aperto.
