Milano, 11 dicembre 2025 – Il credito basato su Bitcoin e più in generale sul capitale digitale – un’idea portata avanti con forza da Michael Saylor, il ceo di MicroStrategy – sta cominciando a farsi strada nel sistema finanziario globale. Tra scetticismi diffusi e aperture molto caute, l’idea è diventata più concreta solo da poco: usare il Bitcoin non solo come asset per la speculazione o come riserva di valore, ma anche come garanzia per ottenere prestiti. È una rivoluzione silenziosa che inizia a muovere i mercati tradizionali e le piattaforme fintech.
Bitcoin come collaterale: le prime mosse nel mondo del credito
Solo fino a poco tempo fa l’idea di usare il Bitcoin come garanzia per prestiti sembrava roba da nicchia, roba da appassionati di criptovalute. E invece, nell’ultimo anno, aziende come BlockFi, Nexo e altri operatori americani meno noti hanno iniziato a offrire prestiti garantiti proprio da questi asset digitali. In Italia, secondo l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, sono almeno tre le società che nel 2025 hanno sperimentato soluzioni simili. “Siamo ancora in fase pilota: i volumi sono piccoli ma la domanda cresce”, racconta Carlo Cavallotti, analista del settore.
Il meccanismo è piuttosto semplice: l’utente lascia i suoi Bitcoin su una piattaforma e riceve in cambio una linea di credito in euro o dollari. Se il valore del collaterale scende troppo, scatta la liquidazione automatica. È un sistema già visto nella finanza tradizionale (basta pensare ai pegni bancari), ma qui la volatilità e le regole diverse danno al tutto un sapore nuovo.
Volatilità alta e banche prudenti
Il problema più grande rimane la famosa volatilità del Bitcoin. Stamattina la criptovaluta oscillava tra i 41.500 e i 42.000 dollari, confermando l’instabilità che ha segnato tutto il 2025. “Usare Bitcoin come garanzia richiede margini molto larghi – spiega Francesca Tommasi, responsabile lending di una fintech milanese – Le piattaforme applicano tassi di prestito molto cauti: spesso si presta solo il 40-50% del valore depositato”.
Per ora le banche tradizionali stanno a guardare. Al consiglio dell’Abi di novembre si è parlato della questione solo marginalmente. “Non possiamo mettere i clienti davanti a rischi inutili – ha detto un membro del direttivo – serve chiarezza dalle autorità europee e italiane”. Anche la Banca d’Italia ribadisce la necessità di tenere sotto controllo “in modo costante” questi prodotti innovativi basati su asset digitali.
Michael Saylor: il guru del capitale digitale
A spingere davvero questa visione è Michael Saylor, uno dei volti più noti nel mondo crypto. Al forum “Digital Assets in Finance” di New York dello scorso ottobre ha definito il capitale digitale come “uno dei pilastri della finanza futura”, sostenendo che “Bitcoin diventerà la principale garanzia per i prestiti a livello mondiale”. Parole forti che però stanno trovando consensi tra alcuni grandi investitori istituzionali.
Secondo Saylor, lo sviluppo del credito digitale aprirebbe “l’accesso ai capitali a più persone” e taglierebbe i costi rispetto alle banche tradizionali. La sua MicroStrategy detiene oltre 190mila Bitcoin ed è praticamente un laboratorio vivente per queste strategie.
Norme europee al vaglio: serve chiarezza
Sul fronte delle regole, però, la situazione non è ancora chiara. La Commissione Europea ha lasciato spazio alle piattaforme nella bozza della direttiva MiCA (Markets in Crypto-Assets), ma chiede standard rigidi su custodia e trasparenza. Il presidente della Consob Paolo Savona, alla conferenza annuale dell’Autorità a Roma lo scorso 5 dicembre, ha sottolineato l’importanza di “mettere regole chiare per proteggere i risparmiatori anche nel campo del credito digitale”.
In Italia sono arrivate le prime richieste ufficiali al Ministero dell’Economia a settembre dall’associazione dei consumatori Adiconsum. “Proteggere gli utenti è fondamentale – dice Carlo De Masi – serve un lavoro comune tra chi fa le regole e chi opera sul mercato”.
Un mercato ancora piccolo ma con margini
Nonostante il boom degli ultimi mesi – l’Osservatorio parla di circa 40 milioni di euro in prestiti garantiti da criptovalute in Europa quest’anno – il fenomeno resta marginale rispetto ai canali tradizionali. Ma tra startup fintech e investitori giovani (sotto i 35 anni) il credito digitale sta conquistando terreno come opzione interessante per chi vuole trasformare temporaneamente i suoi Bitcoin in liquidità senza vendere tutto.
Il quadro è in evoluzione rapida. Ma una cosa appare chiara: il credito su Bitcoin, prima visto quasi come una curiosità, sta lentamente provando ad entrare nell’economia reale. Nei prossimi mesi si capirà se riuscirà a superare la fase sperimentale e diventare un’opzione stabile anche per famiglie e imprese.
