Roma, 8 dicembre 2025 – Michael Saylor, fondatore di MicroStrategy e uno dei più noti sostenitori di Bitcoin negli Stati Uniti, è intervenuto ieri pomeriggio durante una conferenza online organizzata dal Digital Assets Forum. Nel suo intervento, ha spiegato perché, secondo lui, la principale criptovaluta non dovrebbe puntare su meccanismi avanzati di privacy. Una posizione netta che continua a far discutere analisti e appassionati, soprattutto dopo gli ultimi sviluppi normativi.
Bitcoin e trasparenza: la posizione di Saylor
Di fronte a un pubblico di sviluppatori e investitori collegati da Stati Uniti, Europa e Asia, Saylor ha detto chiaramente: “Bitcoin è nato come una rete aperta e trasparente. Aggiungere livelli profondi di privacy lo farebbe sembrare sospetto agli occhi dei governi”. Ha poi spiegato che tentativi di introdurre funzioni simili a quelle delle cosiddette privacy coin (come Monero o Zcash) rischiano di snaturare il progetto originale, aumentando il rischio di divieti o restrizioni.
Per Saylor la forza di Bitcoin sta proprio nella sua trasparenza: ogni transazione è pubblica e può essere verificata da chiunque. Per questo motivo è più facile che venga accettato dagli enti regolatori. “La fiducia delle istituzioni – ha detto – nasce dalla possibilità di controllare i flussi. Se questa caratteristica venisse meno, molti governi potrebbero decidere di vietare Bitcoin”.
Il nodo regolamentare e il rischio ban
Negli ultimi dodici mesi, la pressione delle autorità sulle criptovalute è cresciuta ovunque. Dalla Securities and Exchange Commission negli Stati Uniti fino alle agenzie europee come l’ESMA, il tema della tracciabilità resta al centro del dibattito. Solo poche settimane fa la Banca Centrale Europea ha ribadito che “strumenti di pagamento completamente anonimi” sono difficili da conciliare con le norme antiriciclaggio.
Nel suo intervento, Saylor ha preso proprio in considerazione questo scenario: “Se Bitcoin diventasse uno strumento impossibile da tracciare, la risposta dei Paesi sarebbe prevedibile: ne vieterebbero l’uso, come già successo con alcune privacy coin”. Parole nette che trovano conferma anche nell’esperienza recente della Corea del Sud e dell’Unione Europea, dove alcuni asset digitali sono stati tolti dagli exchange per motivi normativi.
Privacy o adozione globale: un bivio per il futuro
La questione della privacy divide la comunità crypto. Da una parte ci sono gli sviluppatori che vedono nella riservatezza un diritto fondamentale degli utenti. Dall’altra, investitori istituzionali e aziende che – come Saylor – preferiscono una completa tracciabilità per evitare problemi con le regole.
“L’anonimato spinto – ha ammesso Saylor rispondendo alle domande del pubblico – va bene per progetti alternativi. Ma se vogliamo che Bitcoin diventi uno standard globale, non possiamo permetterci scelte che lo mettano fuori legge nei mercati principali”. Una frase che ha subito acceso il dibattito nei forum online: c’è chi teme un eccesso di controllo statale e chi invece sottolinea quanto sia importante avere regole chiare per evitare abusi.
Le reazioni del settore e gli scenari possibili
Non sono mancate le reazioni all’intervento di Saylor. Alcuni attivisti del movimento per la privacy crypto hanno mostrato preoccupazione: “Rinunciare alla privacy significa consegnare il controllo alle autorità”, ha scritto su X (ex Twitter) la ricercatrice tedesca Lisa Frank. Tra i grandi gestori di fondi invece prevale la prudenza. Per Mark Phillips, analista presso Blockdata Research a Londra, “la trasparenza pubblica della blockchain è oggi una delle poche certezze apprezzate dai regolatori”.
Il dibattito resta aperto anche tra gli sviluppatori. Alcuni core developer italiani intervistati da alanews.it hanno sottolineato come “il compromesso tra privacy e trasparenza sia molto delicato: le decisioni tecniche avranno effetti diretti sull’adozione istituzionale di Bitcoin”. Non si tratta solo di tecnologia quindi, ma anche di scelte politiche ed economiche.
Bitcoin nel 2025: quale equilibrio tra sicurezza e libertà
Ieri pomeriggio il prezzo di Bitcoin ha toccato un picco a 41.500 dollari su Coinbase alle 17.24 mentre sul mercato oscillava senza grandi scossoni. Intanto resta centrale il dibattito sulla privacy nel mondo crypto. Nessuna scelta definitiva all’orizzonte però; solo un dilemma: puntare sulla riservatezza significa rischiare l’esclusione dai principali sistemi finanziari. Un punto riassunto dallo stesso Saylor in chiusura della conferenza: “Non possiamo ignorarlo se vogliamo evitare un futuro fatto solo di divieti e restrizioni”.
Trovare un equilibrio non sarà facile. Eppure – in un mondo digitale in continuo cambiamento – proprio questa tensione potrebbe segnare il destino della prima criptovaluta al mondo.
