Washington, 20 novembre 2025 – Gli Stati Uniti non metteranno ancora mano alle proprie riserve strategiche in Bitcoin, almeno finché non vedranno altri Paesi muoversi per primi. A dirlo è Mike Alfred, imprenditore nel mondo delle criptovalute, intervenuto martedì in un podcast. Alfred spiega che la Casa Bianca aspetterà segnali chiari dall’estero, lasciando così aperta la questione sui tempi. “Quando il governo americano capirà che altri stanno facendo il primo passo, probabilmente reagirà”, ha detto, sottolineando come la pressione internazionale potrebbe essere decisiva.
Bitcoin nelle casse Usa? Il dibattito si riaccende
L’idea di mettere Bitcoin nelle riserve strategiche degli Stati Uniti è tornata al centro del dibattito dopo che a marzo il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per creare una Strategic Bitcoin Reserve. L’obiettivo, almeno sulla carta, è dare al Paese una riserva in criptovaluta usando strumenti “a costo zero per il bilancio federale”. Ma a otto mesi dall’annuncio, il progetto resta ancora sulla carta. Per Alex Thorn, analista di Galaxy Digital, “ci sono buone probabilità che entro fine anno venga annunciata ufficialmente la nascita della riserva, e che gli Stati Uniti inizino a considerare il Bitcoin come un asset strategico”.
Nel frattempo, chi lavora nel settore spinge Washington a muoversi più in fretta. Il timore, evidenziato anche da Samson Mow, fondatore di Jan3, è quello di essere “superati” da altri Paesi. “Gli Stati Uniti devono comprare Bitcoin entro quest’anno, altrimenti rischiano di farsi scavalcare da nazioni come il Pakistan”, ha detto Mow a giugno, citando i piani di Islamabad per entrare nel mercato delle criptovalute.
La corsa alle criptovalute: cosa aspettarsi
Per Mike Alfred, la gara dei governi all’accumulo di Bitcoin è appena cominciata. Lui è convinto che entro il 2033 il valore di un singolo BTC arriverà a un milione di dollari. Una previsione più cauta rispetto a quella di nomi come la CEO di ARK Invest, Cathie Wood, e il numero uno di Coinbase, Brian Armstrong, che puntano al 2030. “Quando succederà, quasi tutti i governi avranno in qualche modo una quota di Bitcoin”, ha spiegato Alfred. “Diventerà una riserva strategica comune”.
Il rischio per gli Stati Uniti è quello di restare indietro rispetto ad altri attori globali. “Fino a poco tempo fa sembrava impossibile che il governo riconoscesse il Bitcoin, prima dell’era Trump”, ha ammesso Alfred. Ma negli ultimi anni i segnali di apertura sono aumentati. Solo quando qualche Paese annuncerà ufficialmente di aver inserito Bitcoin nelle proprie riserve, Washington potrebbe sentirsi obbligata a muoversi.
Washington in stand-by tra pressioni e dubbi
Per ora, però, la Casa Bianca tiene un profilo prudente. Nonostante le spinte degli operatori e le richieste degli analisti, manca ancora un piano chiaro per l’acquisto di Bitcoin da parte del Tesoro. Secondo alcune fonti, il Dipartimento del Tesoro sta studiando diverse strade per evitare impatti sul bilancio federale e mantenere trasparenza nelle operazioni.
Il dibattito è acceso anche in Parlamento. Alcuni membri del Congresso chiedono audizioni pubbliche per discutere rischi e opportunità legati all’introduzione della criptovaluta nelle riserve nazionali. Altri invece invitano alla cautela: “Non possiamo permetterci passi falsi in un settore così instabile”, ha spiegato un componente della Commissione Finanze.
Riserve digitali: tra attesa e scelte future
In questo clima di incertezza, gli Stati Uniti guardano con attenzione cosa fanno gli altri governi. Fonti vicine al Tesoro confermano che nessuna decisione definitiva arriverà prima di avere un quadro più chiaro sulle strategie internazionali. Intanto, il valore del Bitcoin continua a muoversi – nelle ultime settimane è sceso sotto i 90mila dollari – e questo alimenta dubbi su quando e come l’America entrerà davvero nel gioco delle riserve digitali.
La partita è aperta. Mentre Washington riflette sulle prossime mosse, la corsa globale alle criptovalute sembra destinata a farsi sempre più intensa nei prossimi anni.
