Il Segreto dei Supercentenari: Il Profilo del Sangue che Combatte Invecchiamento e Malattie

Salvatore Broggi

31 Dicembre 2025

Roma, 31 dicembre 2025 – Un gruppo di ricercatori italiani, insieme a università degli Stati Uniti e del Giappone, ha presentato oggi risultati importanti su un tema che da sempre affascina: la longevità estrema. Secondo lo studio pubblicato su “Nature Aging”, chi arriva o supera i 100 anni ha nel sangue un profilo biochimico particolare. Questo sembra proteggere l’organismo dai rischi più comuni legati a malattie croniche e all’invecchiamento.

Un profilo del sangue tutto speciale nei centenari

Tra il 2021 e il 2024 sono stati analizzati oltre 600 ultracentenari in Italia, Giappone e Stati Uniti. Il coordinatore, il professor Alessandro Rossi dell’Università La Sapienza di Roma, ha raccontato: “Abbiamo studiato plasma e componenti del sangue di persone tra i 100 e i 115 anni. Ne è uscita una combinazione unica di proteine e metaboliti che non si vede nei più giovani né in coetanei con aspettative di vita minori”. Lo confermano anche i laboratori della Keio University di Tokyo.

Le analisi hanno mostrato livelli più bassi di molecole infiammatorie, come la proteina C-reattiva, e una maggiore presenza di antiossidanti naturali. La dottoressa Yumi Tanaka, intervenuta al simposio romano, spiega: “Il sangue dei centenari sembra avere uno ‘scudo’ contro lo stress ossidativo”. Da qui l’ipotesi: forse la longevità è scritta, almeno in parte, nel profilo biochimico del sangue.

Protezione da malattie croniche e dall’invecchiamento

Gli autori sostengono che il sangue dei centenari riduce il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e declino cognitivo. Alcune molecole come l’apolipoproteina A-I e certi peptidi antinfiammatori sembrano legate a un minor rischio di infarti e problemi cerebrali. Rossi chiarisce: “Non si tratta solo di geni, ma anche di come ambiente e stile di vita influenzano il nostro sangue e quindi la salute”.

La notizia ha subito suscitato reazioni. Paolo Ferri, geriatra dell’IRCCS Santa Lucia, commenta: “Questi dati ci fanno rivedere le strategie di prevenzione”. In pratica, lavorare sui marcatori ematici potrebbe aprire nuove strade per vivere più a lungo in buona salute, ben oltre quello che dice il DNA.

Cosa può cambiare nella medicina preventiva

Pur con cautela – “siamo ancora all’inizio”, avverte Rossi – lo studio apre molte strade per la medicina preventiva. I ricercatori stanno mettendo a punto test in grado di individuare presto chi ha un profilo sanguigno protettivo. L’obiettivo è personalizzare gli interventi già dalla mezza età.

Si lavora anche su farmaci e integratori che riproducano le caratteristiche trovate nei centenari. La dottoressa Tanaka spiega: “Non parliamo di soluzioni miracolose ma di interventi mirati per difendere il sangue dagli effetti del tempo”. Il passo successivo sarà capire se dieta e attività fisica possono aiutare i più giovani ad avvicinarsi a questo profilo ematico.

Una nuova chiave per capire la longevità

La scoperta italiana si inserisce in un filone internazionale molto vivace. Studi precedenti su popolazioni longeve come quella dell’isola di Okinawa o dei borghi sardi avevano già messo in luce legami tra ambiente, genetica e sangue. Ora però – con dati sistematici su larga scala – emerge l’idea che la vera chiave per un invecchiamento sano possa essere proprio nella “firma” biochimica del sangue.

Gli scienziati restano comunque prudenti: “Non possiamo escludere che alcuni elementi nel profilo sanguigno siano effetto più che causa della longevità”, riflette Rossi. Ma qualcosa è cambiato davvero. Dopo questa pubblicazione, la ricerca medica guarda ancora più da vicino nel microscopio – forse alla ricerca del prossimo indizio capace di svelare i segreti dei centenari.

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