Esplosione cosmica record: il lampo gamma di 7 ore che svela un raro buco nero intermedio

Salvatore Broggi

12 Dicembre 2025

Roma, 12 dicembre 2025 – Un lampo di raggi gamma, tra i più lunghi mai registrati, ha catturato l’attenzione degli astronomi per più di sette ore. È successo il 3 dicembre, quando una rete di telescopi – tra cui il telescopio spaziale Swift della NASA e il Gran Telescopio Canarias alle Canarie – ha intercettato un evento di energia straordinaria in una galassia a circa 2,5 miliardi di anni luce da noi. La comunità scientifica ipotizza che dietro a questa esplosione possa esserci un buco nero intermedio, uno degli oggetti più misteriosi dell’universo.

Un fenomeno senza precedenti nella durata

Un GRB (Gamma Ray Burst) che dura così a lungo non era mai stato osservato con tanta precisione. I ricercatori lo hanno battezzato GRB 231203A e ciò che colpisce è proprio la sua durata: un’emissione continua di raggi gamma per 26mila secondi, quasi sette ore. Di solito questi lampi intensissimi si esauriscono in pochi secondi o minuti.

A sottolineare l’importanza della scoperta è la professoressa Elena Rossi, astrofisica dell’Università di Leiden: “Non abbiamo mai visto niente del genere. Durata, intensità e forma della curva di luce ci dicono che non si tratta del solito collasso di una stella gigante”. Parole pronunciate al termine di una lunga notte al centro controllo dell’INAF a Bologna.

Gli indizi puntano a un buco nero intermedio

Da tempo gli scienziati cercano conferme sull’esistenza dei buchi neri intermedi, corpi con masse tra cento e centomila volte quella del Sole. Finora erano solo ipotesi: troppo grandi per essere residui stellari e troppo piccoli rispetto ai supermassicci nei nuclei galattici. I dati raccolti però suggeriscono che proprio uno di questi oggetti potrebbe aver scatenato il lampo.

“Abbiamo visto segnali compatibili con la distruzione di una stella da parte di un corpo molto pesante in una zona periferica della galassia”, spiega Luca Amati, ricercatore all’INFN di Bologna. Il team, formato da scienziati europei e americani, sta ancora analizzando lo spettro e i dati X raccolti nelle prime ore. Nessun segnale radio particolare finora, ma – come dice Amati – “le prossime settimane saranno decisive”.

Gli occhi puntati su tanti strumenti e le reazioni

Dietro la scoperta c’è stato un lavoro congiunto di vari osservatori. Oltre a Swift, anche il rilevatore Fermi GBM ha seguito l’esplosione in diretta. Il telescopio Gemini Nord alle Hawaii ha realizzato analisi spettroscopiche nell’infrarosso. Il dottor Miguel Castro-Tirado, coordinatore della rete europea, parla di “uno dei rari casi in cui siamo riusciti a catturare ogni dettaglio fin dall’inizio”.

Nei principali centri di ricerca si respira entusiasmo ma anche prudenza. Al Max Planck Institute vicino Monaco, l’astrofisico Johannes Greiner ammette: “Non abbiamo nulla di simile nei nostri archivi. L’origine resta un mistero”. Alcuni esperti invitano a non correre: “Prima di parlare davvero di buco nero intermedio bisogna escludere tutte le altre possibilità”, ricorda Svetlana Troja dell’Università del Maryland.

Quali prospettive si aprono adesso

Questo GRB così anomalo potrebbe rimettere in gioco le teorie sulla formazione e sull’evoluzione dei buchi neri. In passato si sono ipotizzate altre cause – come collisioni tra stelle compatte o disintegrazione di pianeti giganti – ma nessuna aveva prodotto emissioni gamma così intense.

Nei prossimi giorni sono già previste nuove osservazioni: i telescopi del Very Large Telescope in Cile punteranno ancora verso la zona dell’esplosione per cercare eventuali tracce ottiche residue. Alcuni strumenti saranno messi a punto per captare possibili segnali gravitazionali collegati all’evento.

La sfida per l’astrofisica

Nei prossimi giorni arriveranno nuovi dati decisivi: gli astronomi dovranno capire se davvero un buco nero intermedio ha generato questa esplosione o se dietro al GRB 231203A c’è qualcosa d’altro, ancora sconosciuto e incredibilmente potente. Fatto sta che questa scoperta riapre domande importanti su come nascono e crescono gli oggetti più massicci nell’universo.

“Nell’astrofisica – conclude Rossi – sono proprio queste anomalie a farci mettere in discussione quello che credevamo certo”. Ora tutta la comunità resta con gli occhi puntati al cielo e i dati pronti all’analisi.

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