Durable Goods Orders: guida completa all’indicatore chiave per l’economia USA e i mercati finanziari

Cristina Manetti

29 Dicembre 2025

New York, 29 dicembre 2025 – Ogni mese, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti diffonde i dati sugli ordini di beni durevoli, un indicatore da tempo considerato un vero termometro per capire come sta andando l’economia americana e cosa aspettarsi dai mercati finanziari. Ma cosa sono esattamente questi numeri? E perché a Wall Street, così come nelle sale operative di Francoforte e Tokyo, vengono seguiti con così tanta attenzione?

Cosa si nasconde dietro gli ordini di beni durevoli

Nel gergo economico, gli ordini di beni durevoli indicano gli acquisti fatti alle aziende manifatturiere statunitensi per prodotti pensati per durare più di tre anni. Parliamo di tutto, dai macchinari industriali alle auto, dagli elettrodomestici agli aerei, fino ai dispositivi elettronici. Per capirci meglio: se la Boeing riceve un ordine per 50 nuovi jet destinati a una compagnia asiatica, quella commessa finirà nei conteggi del mese. Lo stesso vale per una multinazionale che compra robot per una linea produttiva a Houston.

Gli ultimi dati del Census Bureau dicono che a novembre 2025 il valore totale degli ordini ha superato i 288 miliardi di dollari. Un numero importante, ma da solo non dice molto. Serve confrontarlo con i mesi precedenti o con le aspettative degli esperti.

Dato principale e “Core”: due facce della stessa medaglia

Dietro al numero totale c’è spesso un altro indicatore che viene tenuto d’occhio: il cosiddetto Core Durable Goods Orders, ovvero gli ordini al netto dei trasporti. Perché questa distinzione? Settori come quello aeronautico o automobilistico possono vedere oscillazioni forti – pensiamo alle grandi commesse militari o agli investimenti nelle flotte commerciali – che rischiano di dare un’immagine distorta della situazione generale. Così si guarda anche al dato senza queste voci “anomale” per avere un quadro più chiaro della domanda industriale.

Un analista di JP Morgan ha spiegato recentemente a CNBC che “il dato Core serve a filtrare la volatilità e mostra meglio la spinta reale agli investimenti delle aziende”. In effetti, mentre l’acquisto di nuovi aerei può seguire cicli particolari o necessità straordinarie, la decisione di un’azienda media del Midwest di cambiare i macchinari dice molto sulle sue aspettative future e sulle condizioni del credito.

Perché i mercati si muovono con questi dati

I numeri sugli ordini di beni durevoli escono generalmente il quarto giorno lavorativo dopo la fine del mese, alle 8:30 ora locale (le 14:30 in Italia). Sono spesso i primi segnali macroeconomici sul mese appena passato. Ecco perché chi cerca indizi sull’andamento dell’economia americana li segue con attenzione. Un aumento degli ordini è visto come segno di fiducia da parte delle imprese: aspettative positive e nuovi investimenti all’orizzonte. Una diminuzione, invece, può far scattare l’allarme rallentamento.

Le reazioni sui mercati sono immediate: dati migliori del previsto spesso spingono al rialzo dollaro e Borse. Se invece le cifre sono sotto le attese, non è raro vedere vendite sulle azioni legate all’industria. “Un singolo mese non fa tendenza,” ricorda Mark Chandler, strategist finanziario a New York, “ma se i segnali negativi si accumulano cominciano a preoccupare anche i più ottimisti”.

I limiti dei dati e come interpretarli

Chi lavora nel settore sa bene che gli ordini di beni durevoli raccontano solo una parte della storia economica americana. Il settore dei servizi – che pesa per oltre il 70% sul Pil Usa – resta fuori dal conteggio. Inoltre, il dato può essere molto variabile: maxi commesse o revisioni successive possono cambiare in modo significativo il quadro mese dopo mese. Per questo molti operatori preferiscono guardare alla media su tre o sei mesi invece che ai singoli numeri.

Un altro fattore importante è l’inflazione: ordini in crescita possono significare ottimismo ma anche prezzi più alti. “Per capire davvero cosa succede bisogna sempre mettere insieme più dati – consumi, lavoro, inflazione,” sottolinea Michael Farrington della Federal Reserve di Chicago. Solo così si riesce ad avere un quadro più chiaro.

Il peso sulle decisioni della Federal Reserve

Non sorprende che la Federal Reserve tenga sotto controllo questi numeri quando decide cosa fare sui tassi d’interesse. Se la domanda cresce con forza, la Banca centrale potrebbe decidere di irrigidire la politica monetaria per tenere a bada l’inflazione. Se invece il calo dura nel tempo, cresce chi spinge per tagli ai tassi per dare una spinta all’economia.

In sostanza: gli ordini mensili di beni durevoli restano uno degli strumenti principali per leggere in tempo reale l’umore dell’economia americana – e capire cosa potrebbe accadere sui mercati globali nei mesi a venire. Dietro quei numeri c’è spesso scritto già un pezzo del futuro economico mondiale.

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