Nata nel 2015 come startup dei pagamenti digitali, oggi Revolut compete con le grandi banche europee: espansione, criticità e numeri record anche in Italia.
Quando è nata, nel 2015, Revolut sembrava solo una delle tante nuove app per gestire i pagamenti digitali. Dieci anni dopo è una quasi banca da 75 miliardi di dollari di valore, presente in oltre 30 paesi, con oltre 40 milioni di utenti globali e ambizioni sempre più concrete. In Italia, dove è sbarcata da alcuni anni, ha superato i 4 milioni di clienti, piazzandosi subito dopo colossi come Intesa Sanpaolo e UniCredit, e mettendosi in scia a Banco BPM e BPER Banca.
Un traguardo notevole per un’azienda che non ha mai aperto una filiale fisica, si affida interamente alla tecnologia, e ha costruito la sua reputazione offrendo servizi bancari a basso costo. Ma non tutto è stato semplice: ritardi nelle autorizzazioni, problemi con le autorità, indagini e scandali hanno segnato il percorso.
Eppure, Revolut continua a crescere e, secondo indiscrezioni, starebbe preparando una quotazione in borsa. Dove? Si parla sia di New York sia di una borsa europea, ma la decisione non è ancora stata presa.
Dalla nicchia dei viaggiatori digitali al conto principale di milioni di europei
La visione iniziale di Nikolay Storonsky e Vlad Yatsenko, rispettivamente ex trader russo e sviluppatore ucraino, era semplice: offrire un modo veloce ed economico per pagare e inviare denaro all’estero senza le commissioni delle banche.
Niente sportelli, solo app e carta digitale: così è nata Revolut. All’inizio si rivolgeva a giovani viaggiatori, interessati più al cambio valuta e ai prelievi gratuiti all’estero che ai bonifici o ai prestiti. Ma nel giro di pochi anni, grazie a investimenti importanti e a un incubatore londinese chiamato Level39, la società ha ampliato i servizi: dal conto corrente multivaluta agli investimenti, dai prestiti alle crypto, fino alle assicurazioni digitali.

Il vero salto è arrivato nel 2018, quando Revolut ha ottenuto la licenza bancaria lituana, valida in tutta l’Unione Europea. In Italia, però, fino al 2024, i clienti dovevano accontentarsi di un IBAN lituano: funzionale per i pagamenti online, ma spesso scomodo per accrediti, addebiti diretti e operazioni ricorrenti.
L’anno scorso, però, tutto è cambiato: Revolut ha ricevuto l’autorizzazione ufficiale a operare come banca anche in Italia, assegnando ai nuovi conti un IBAN italiano. Questo ha generato una vera impennata nelle attivazioni, spinte anche da campagne pubblicitarie con volti noti come Gerry Scotti e Mara Maionchi, e dalla sponsorizzazione del Como Calcio, squadra neopromossa in Serie A.
Dalla Lituania al mondo, tra difficoltà normative e indagini
Nonostante la crescita, il percorso di Revolut non è stato privo di ostacoli. Se in Europa ha ottenuto le licenze con relativa facilità, nel Regno Unito, paese d’origine della startup, le cose sono andate diversamente.
Fino al 2024, Revolut non poteva operare come banca nel Regno Unito, paradossalmente proprio nel paese dove era nata. Le autorità finanziarie britanniche avevano negato la licenza, chiedendo più trasparenza nella struttura societaria e maggiore chiarezza nei conti. Una situazione che si è sbloccata solo di recente, ma che ha evidenziato le difficoltà normative del mondo fintech.
Non sono mancati neanche gli scandali. Nel 2023, Revolut ha subito un attacco che ha causato una perdita interna di circa 20 milioni di euro a causa di una falla nel sistema di rimborsi. Non si è trattato di fondi dei clienti, ma il danno reputazionale ha lasciato il segno. In Italia, attualmente, è in corso un’indagine dell’Antitrust per presunte pratiche commerciali scorrette.
Malgrado questi episodi, Revolut ha continuato a rafforzarsi: ha assunto ex dirigenti di banche tradizionali, ha ampliato i suoi team legali e di compliance e ha accelerato il dialogo con le autorità per ottenere licenze nei principali mercati europei.
Obiettivo borsa: verso la quotazione dopo il traguardo dei 75 miliardi
Secondo le ultime valutazioni, Revolut vale circa 75 miliardi di dollari, una cifra che la porta vicina ai grandi gruppi bancari europei. UniCredit e Intesa Sanpaolo, le due principali banche italiane, valgono insieme poco più di 100 miliardi di euro. Una startup come Revolut ha impiegato meno di un decennio per raggiungere un livello simile, grazie a una combinazione di espansione rapida, scalabilità tecnologica e servizi a basso costo.
La prossima tappa, per stessa ammissione del management, sarà la quotazione in borsa. Il dilemma è ancora aperto: New York, con i suoi capitali e la visibilità globale, oppure una piazza europea più coerente con il mercato di riferimento?
Nel frattempo, l’azienda continua a lanciare nuovi servizi: nel 2025 è prevista una nuova sezione per prestiti istantanei garantiti, un’estensione dei servizi crypto in Europa, e l’integrazione di funzionalità legate all’Intelligenza Artificialeper la gestione delle spese personali.
Con un’utenza giovane, digitale, e sempre più propensa a spostarsi dai modelli bancari tradizionali, Revolut sta riuscendo là dove molte altre fintech hanno fallito: diventare la prima vera banca digitale globale.