Crypto e tasse: nel 2026 l’aliquota sale al 33%, ecco quanto pagherai davvero

Aliquota

Brutte notizie per il mondo delle criptovalute: ecco cosa cambia-cryptohack.it

Franco Vallesi

23 Agosto 2025

Confermata la rimozione della franchigia e il rialzo al 33% nel 2026: cosa cambia davvero.

Dal 1° gennaio 2025, in Italia non ci sarà più alcuna soglia di esenzione per la tassazione delle plusvalenze legate alle criptovalute. Ogni guadagno, anche inferiore ai 2.000 euro, sarà sottoposto a imposta sostitutiva. Questo è quanto emerge dalle anticipazioni sulla legge di bilancio 2025, che prevede anche un successivo innalzamento dell’aliquota al 33% a partire dal 2026.

Il quadro fiscale cambia profondamente. Dopo anni in cui i piccoli investitori hanno potuto contare su una franchigia e un’aliquota contenuta, il nuovo scenario impone maggiore attenzione, strumenti più precisi per il calcolo delle imposte e una revisione radicale della propria strategia di gestione fiscale.

Plusvalenze crypto dal 2025: nessuna franchigia, tassazione dal primo euro

La misura più impattante è senza dubbio la rimozione della franchigia dei 2.000 euro, fino ad oggi considerata una soglia di esenzione parziale. Secondo la conferma dell’Agenzia delle Entrate, fino al 2024 l’imposta al 26% si applica solo sulla parte eccedente i 2.000 euro, ma dal 2025 il meccanismo cambia: anche una plusvalenza di 300 o 500 euro sarà tassata integralmente.

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Ecco quanto si dovrà pagare per le plus valenze nel 2026-cryptohack.it

Chi opera nel settore dovrà dunque aggiornare in modo sistematico la rendicontazione di tutte le operazioni, siano esse vendite, scambi o trasferimenti tra wallet, per evitare omissioni o errori. La tassazione scatterà per ogni movimento che genera utile, e non sarà più possibile affidarsi a margini di tolleranza.

Una delle criticità principali riguarda proprio i micro investitori: chi fino ad oggi aveva guadagnato somme ridotte, evitando la tassazione grazie alla franchigia, si troverà costretto a dichiarare e versare imposte anche su profitti modesti. È una svolta che rischia di cambiare il comportamento operativo di molti utenti retail, i quali potrebbero iniziare a rivedere le loro strategie, oppure abbandonare del tutto la custodia diretta degli asset digitali.

Aliquota al 33% dal 2026: quanto incide davvero e perché divide

Il secondo passo previsto dalla manovra riguarda il rialzo dell’aliquota fiscale sulle plusvalenze crypto, che passerà dall’attuale 26% al 33% con effetto sui redditi realizzati dal 1° gennaio 2026.

Questo innalzamento è già motivo di dibattito tra operatori, commercialisti e investitori. Un esempio pratico mostra l’impatto diretto: su una plusvalenza di 1.500 euro, oggi si pagherebbero 390 euro di imposta, mentre nel 2026 il prelievo salirà a 495 euro.

La misura viene percepita come penalizzante soprattutto per chi detiene asset in autonomia, rispetto a chi investe in ETF, ETP, futures o altri strumenti derivati, che continueranno ad essere tassati al 26%. Questa asimmetria normativarischia di creare una discriminazione tra chi gestisce crypto con strumenti decentralizzati e chi utilizza veicoli regolamentati.

C’è poi il tema della competitività internazionale: l’Italia, con una delle aliquote più alte d’Europa, rischia di spingere capitali verso giurisdizioni più favorevoli, generando una perdita di gettito e un indebolimento dell’ecosistema cripto italiano.

Le nuove norme, se approvate così come anticipate, richiederanno una pianificazione fiscale dettagliata. Monitorare le plusvalenze in tempo reale, scegliere il momento corretto per la vendita e utilizzare software di calcolo affidabili saranno azioni non più rimandabili.

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