Creare un Mare nel Deserto Egiziano per Combattere l’Innalzamento dei Mari Mediterranei

Salvatore Broggi

10 Dicembre 2025

Roma, 10 dicembre 2025 – Torna al centro del dibattito un progetto che mescola ingegneria, ambiente e uno sguardo futuristico: l’idea di riempire con l’acqua del Mediterraneo la grande depressione di Qattara, nel cuore dell’Egitto, per cercare di fermare il rialzo dei mari e produrre energia. Un sogno antico, già nato nel secolo scorso, che nelle ultime settimane ha guadagnato nuovo interesse tra gli studiosi. Succede proprio mentre la conferenza sul clima di Dubai (Cop28) si chiude senza risultati concreti.

La depressione di Qattara: un enorme vuoto sotto il livello del mare

La depressione di Qattara si trova a circa 130 chilometri a sud-ovest di Alessandria d’Egitto, nel deserto libico. È una zona vasta quasi quanto la Sicilia, con più di 19.000 chilometri quadrati, e scende fino a 133 metri sotto il livello del mare. Da decenni gli scienziati guardano a questo enorme bacino come a una possibile “valvola” per l’acqua del Mediterraneo. Il geologo Andrea Cittadini dell’Università La Sapienza spiega: “L’idea è far arrivare qui l’acqua scavando un canale dal mare fino al bordo della depressione”.

Diversi studi indicano che basterebbe un canale lungo circa novanta chilometri per collegare la costa egiziana alla depressione. Una volta aperto il collegamento, l’acqua comincerebbe a riempire questo grande vuoto, formando un lago salato nell’entroterra.

Energia pulita dal deserto: i numeri dietro al progetto

Ma non si tratta solo di compensare l’innalzamento dei mari. La vera sfida è sfruttare la differenza di quota tra il Mediterraneo e il fondo della depressione per produrre energia idroelettrica. L’acqua che scende potrebbe muovere turbine e generare elettricità “pulita” in modo continuo.

“Se gestita con cura”, ha spiegato il fisico egiziano Khaled Othman a un recente convegno al Cairo, “la potenza installata supererebbe i 2.000 megawatt. Una potenza simile a quella di una grande centrale nucleare”. Ma servono investimenti enormi: decine di miliardi di euro e più di vent’anni per completare il lavoro.

Occhi puntati sugli effetti ambientali

Resta però una domanda cruciale: questa nuova “invasione” d’acqua aiuterebbe davvero a frenare il livello dei mari? Gli esperti mettono in guardia. “I volumi coinvolti sono enormi per l’Egitto ma quasi insignificanti su scala globale”, dice Sara Malavasi, oceanografa del CNR. “Parliamo al massimo di 80 miliardi di metri cubi d’acqua: nell’oceano sono poco più che una goccia”. Detto questo, i rischi locali non vanno sottovalutati.

Portare acqua marina in un ambiente desertico potrebbe stravolgere la flora e la fauna della zona. Le evaporazioni intense potrebbero lasciare grandi depositi salini e contaminare le falde acquifere sotterranee. Gli ambientalisti egiziani già sollevano dubbi: “Non possiamo sapere quali saranno gli effetti a lungo termine”, avverte Ahmed Samir, portavoce del gruppo Green Nile.

Il sogno del lago interno torna dopo un secolo

L’idea della depressione di Qattara nasce negli anni Venti del Novecento con lo scienziato tedesco Friedrich Bassler, che immaginò un “lago interno” capace di produrre energia idroelettrica. Da allora il progetto è stato ripreso più volte, soprattutto nei momenti di crisi energetica o siccità. Nel 1964 l’UNESCO fece uno studio preliminare, poi abbandonato per ragioni politiche ed economiche.

Oggi la proposta torna d’attualità soprattutto in Egitto, dove si cercano risposte contro la scarsità d’acqua e la desertificazione. Fonti del Ministero delle Risorse Idriche precisano però che non ci sono ancora piani concreti: resta solo un’ipotesi su carta.

Mediterraneo tra speranze e dubbi sul futuro

Con le incertezze climatiche in crescita – l’ultimo rapporto dell’IPCC prevede che il Mediterraneo potrebbe alzarsi fino a un metro entro fine secolo – idee come quella della depressione di Qattara alimentano il dibattito. C’è chi vede in queste grandi opere soluzioni ingegneristiche coraggiose; altri invece rimangono scettici.

“Bisogna puntare prima di tutto sulla riduzione delle emissioni”, avverte Malavasi. “Grandi progetti come questo rischiano solo di spostare il problema senza risolverlo davvero”. La domanda resta aperta: può davvero il Mediterraneo trasformarsi in una fonte stabile di energia pulita? O è soltanto l’ennesima illusione nata nei deserti d’Egitto? Per ora tutto resta fermo agli schizzi sui tavoli degli architetti dell’Università del Cairo.

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