Chi sono davvero gli hacker etici e perché nel 2025 le aziende li cercano sempre di più

Etica e hackeraggio

Scopriamo chi sono gli hacker etici-cryptohack.it

Franco Vallesi

20 Settembre 2025

L’hacking etico sfrutta le tecniche dei criminali informatici per rafforzare la protezione delle reti aziendali.

Attraverso test mirati e simulazioni realistiche, gli hacker etici aiutano imprese e istituzioni a scoprire e correggere le vulnerabilità prima che siano sfruttate da veri aggressori.

Nel 2025, con attacchi informatici sempre più sofisticati e mirati, la difesa non può più essere solo reattiva. È in questo contesto che l’hacking etico si afferma come pratica centrale nella cybersecurity moderna: si tratta di simulare intrusioni reali per identificare i punti deboli dei sistemi informatici, evitando danni concreti e migliorando la capacità di reazione delle aziende.

Cos’è davvero l’hacking etico e perché è fondamentale

Gli hacker etici — noti anche come “white hat” — sono professionisti della sicurezza informatica che utilizzano le stesse tecniche dei cybercriminali, ma con finalità opposte: scoprire le falle per correggerle, non per sfruttarle. Lavorano con il consenso delle aziende, rispettando precise linee guida legali ed etiche. Il loro compito è anticipare i comportamenti degli attaccanti, mostrando come un sistema potrebbe essere violato e quali danni ne deriverebbero.

Secondo le più recenti linee guida condivise nel 2025 da enti di certificazione come EC-Council e SANS Institute, l’hacking etico include una varietà di attività: dai test di penetrazione alla valutazione delle vulnerabilità, fino all’analisi malware e alla gestione del rischio.

Al servizio di aziende
Come opera un hacker etico-cryptohack.it

I penetration test — o “pen test” — sono al centro della pratica. Questi attacchi simulati si articolano in tre fasi: ricognizione, esecuzione dell’attacco e reporting. Durante la ricognizione, l’hacker etico raccoglie informazioni sulla rete, usando strumenti avanzati come Nmap, Wireshark o tecniche di ingegneria sociale. Nella fase operativa, simula attacchi noti — SQL injection, phishing, cross-site scripting — e valuta come potrebbe muoversi all’interno del sistema una volta ottenuto l’accesso. Infine, documenta tutto e fornisce raccomandazioni precise al team IT dell’azienda.

Parallelamente ai test di penetrazione, gli hacker etici possono effettuare analisi del malware, per studiare le nuove varianti di ransomware e spyware in circolazione, contribuendo anche alla protezione del settore pubblico e degli enti sanitari, sempre più nel mirino di attacchi a scopo estorsivo.

Un altro servizio sempre più richiesto è la gestione strategica del rischio: identificare le minacce emergenti — come gli attacchi basati sull’intelligenza artificiale o sulla manipolazione di modelli generativi — e valutare il grado di esposizione di un’azienda in funzione delle sue infrastrutture e procedure.

Etica, certificazioni e prospettive di carriera

Nel mondo dell’hacking etico non conta solo la competenza tecnica, ma anche l’integrità professionale. I white hat seguono un codice etico rigoroso: agiscono solo con autorizzazione, non arrecano danni reali, non rubano dati e condividono i risultati solo con l’azienda coinvolta. Operano entro i limiti della legge e non collaborano con gruppi criminali, né partecipano ad attività illegali, anche se con buone intenzioni.

A differenza degli hacker black hat, che agiscono per interesse personale, o dei gray hat, che testano falle senza permesso, l’hacker etico collabora direttamente con i clienti, spesso su mandato preciso.

Per avviare una carriera in questo settore, servono competenze in programmazione (Python, SQL), conoscenze di reti e sistemi operativi Linux-based e padronanza di tool specializzati. Le certificazioni sono fondamentali: CEH (Certified Ethical Hacker) è tra le più riconosciute al mondo, seguita da CompTIA PenTest+ e GIAC GPEN, quest’ultima offerta dal SANS Institute.

Il 2025 vede anche una forte espansione dei programmi di formazione, con corsi pratici offerti in collaborazione con enti pubblici, università e aziende tech, vista la domanda crescente di figure esperte in sicurezza offensiva.

Secondo un recente rapporto, il settore della cybersecurity in Italia ha registrato una crescita del 17% solo nell’ultimo anno, con oltre 12.000 nuove posizioni aperte, molte delle quali legate all’hacking etico, al Security Operation Center (SOC) e alla gestione della superficie di attacco.

In un panorama dove l’AI viene usata per generare attacchi più complessi, il ruolo dell’hacker etico non è solo quello di difensore: è l’unico in grado di pensare come l’aggressore senza esserlo, fornendo così un vantaggio cruciale a chi vuole proteggere infrastrutture digitali, dati sensibili e reputazione aziendale.

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